AUTONOMIA DIFFERENZIATA E BENI CULTURALI di Antonello Gregorini

Ieri è stata approvata in Senato il DdL sull’Autonomia differenziata per le Regioni a Statuto ordinario.

Questa è una innovazione molto controversa. Infatti, “secondo le opposizioni, le Regioni con maggiore capacità di spesa saranno avvantaggiate, e questo genererà maggiori disuguaglianze nel Paese, con differenze sostanziali anche tra le aree con maggiore concentrazione urbana e le aree interne e montane.”

Tuttavia, per noi che abbiamo scritto e considerato con favore l’acquisizione delle competenze sui Beni Culturali, in particolare su quelli definiti “Nuragici e Preistorici”, costituiti dai “diecimila” siti indicati nella nostra mappa di sintesi del Geoportale, la questione andrebbe analizzata meglio e a fondo.

E’ evidente che non tutte le 23 competenze individuate dal DdL porteranno gli stessi compensi o scompensi. Occorre differenziare le varie materie e sviluppare degli studi appropriati, con cifre e programmazioni possibili, visioni e idee di miglioramento delle gestioni.

Abbiamo chiesto un parere competente a un giurista amico. La risposta è stata:

“L’Autonomia differenziata è stata pensata per le 15 regioni ordinarie (art. 116 Cost.) Esiste però una clausola di favore che dice che le norme più favorevoli alla autonomia possono usarle anche le 5 speciali (art. 10 l. Cost. 1/2001), niente impedisce alle 5 speciali di usare il meccanismo dell’art. 116 Cost.

Cioè vi sarebbe la possibilità di negoziare una legge con lo Stato.”

Sembra quindi che la possibilità di acquisire una buona parte delle gestioni, compresa la tutela e la salvaguardia, oggi in capo allo Stato, diventi molto più probabile e il percorso più semplice.

Si tratterebbe, finalmente, di compiere quelle azioni che possano finalmente censire tutto il Patrimonio Eriditario Culturale -censimento oggi formalmente non esistente.

Trovare delle formula per tenerle in condizione di manutenzione e conservazione ottimali secondo criteri essenziali minimi. Creare degli itinerari percorribili e accessibili che consentano la visita anche nella Sardegna più remota ma più suggestiva.

Itinerari anche digitali e virtuali costituiti da cartografie e modelli digitali del paesaggio e dei siti.

Nel manifesto per “Una politica per il patrimonio archeologico della Sardegna “ abbiamo scritto che

“FORESTAS CUSTODE DEI BENI ARCHEOLOGICI.

Riguardo la manutenzione e la difesa dall’aggressione vegetale e naturale, oltre che quella artificiale e umana, la Regione, con atto legislativo proprio, dovrebbe individuare le proprie agenzie di tutela e salvaguardia territoriale, quale, per esempio, FORESTAS, quali responsabili dello “sfalciamento” e liberazione dei siti, la loro accessibilità, secondo procedure preordinate e standardizzate, di modo che non venga ulteriormente meno la consistenza e la qualità dei monumenti.

POLITICHE INTEGRATE.

La nuova politica archeologica regionale non è soltanto funzionale ad un rilancio delle ragioni della specialità e ad una doverosa protezione del patrimonio archeologico per le generazioni future. Il concetto di “politiche integrate”, cioè pensate insieme, mostra le potenzialità di questa scelta politica. Le attività di valorizzazione e promozione del patrimonio storico e artistico, una più profonda qualificazione del paesaggio, possono rappresentare un rilevante fattore di sviluppo per i territori e le comunità, in particolare per le aree interne, soggette a fenomeni di spopolamento. Avere un parco archeologico regionale, presentare ai turisti la Sardegna come l’isola dell’archeologia nuragica e pre-nuragica, aiuterebbe il turismo, lo sviluppo, l’economia.”

Occorre pensarci e programmare per non farsi trovare impreparati quando verrà il momento di prendere delle decisioni.