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NAVICELLA CON PROTOME CERVINA E ANIMALI VARI SULL’ORLO

98) NAVICELLA CON PROTOME CERVINA E ANIMALI VARI SULL’ORLO
Nome: navicella con protome cervina animali vari sull’orlo
Dimensioni: lunghezza 22 cm
Aspetto: é la navicella più nota tra gli esemplari ” protosardi”, ricchissima nella decorazione, interessantissima per la varietà delle figure, importante per la cronologia ed i riflessi culturali.
Lo scafo ha il fondo piatto su cui si notano due peducci situati nel terzo anteriore. Il manico è costituito dalla sbarretta del giogo legato, alle estremità, ad una coppia di buoi, ritti in piedi su ciascun lato dello scafo sopra l’orlo. Al giogo è saldato, nel mezzo, un anello di sospensione.
La sbarretta del giogo è ornata sulla superficie esterna con vari motivi lineari: i margini sono decorati da un disegno a treccia, la mezzeria é identificata da un listello sormontato da una fila di perline con una più grande al centro.
A prua sporge la protome cervina saldata allo scafo con collo lungo rinforzato da anelli concentrici, già visto anche in altre navicelle. La testa del cervo ha struttura cilindrica, gli occhi sono piccoli bulbi, le orecchie sono appena accennate e le corna si levano alte inclinandosi un po’ all’indietro e curvandosi all’interno senza toccarsi e sono fitte di ramificazioni (purtroppo non conservate).
Dietro la protome, nel ponticello di prua, si nota una figura singolare: un insieme di quattro colonnine cilindriche (con terminale modinato a tori di scozia) che, unendosi, fanno da piedistallo a un elemento più grosso che emerge nel mezzo. È interessante il dettaglio che appare sulla parte terminale di elementi minori: sopra la modinatura di due elementi è presente un piccolo volatile (anatrella?), molto simile alle colonnine centrali (alberi) di varie navicelle nuragiche.
Ma la caratteristica peculiare di questa navicella bronzea è sicuramente il complesso ornamento plastico che si svolge, come una sfilata, lungo il perimetro dell’imbarcazione: ovvero la disposizione di “animaletti accalcati sui margini dello scafo e annidati nelle sedi più impensate e irrazionali, come sotto il collo della protome e tra i bronchi del palco cervino”, che cerca di riempire ogni vuoto, ogni spazio.
Gli animali raffigurati con espressione realistica e con atteggiamenti naturali sono i seguenti.
SULLA PROTOME:
– due anatrelle appollaiate, una per parte, sul bronco più alto del palco di corna della protome, con la testina rivolta in avanti
– un roditore, che si arrampica sotto la gola della protome. Ha il muso lungo, le orecchie piccole, la coda a corto salsicciotto e gli occhi a globuletto.
SUL FIANCO SINISTRO:
– un cane, in piedi e rivolto verso prua. Ha orecchie corte e aguzze e il muso appiattito, la coda è girata “a volvolo”, arricciata
– un riccio che guarda a poppa, in atteggiamento di difesa, verso un altro cane che sembra stia abbaiando, pronto ad aggredirlo
– un secondo cane, identico al primo tranne che per la coda girata in verticale a uncino, che sta seduto sulle zampe posteriori
– un bue rivolto a poppa, fermo e placido, ritto in piedi, mangia da un grosso cesto conico, probabilmente fatto di intreccio di canne e vimini, viste le rigature concentriche sovrapposte. Le corna si levano lunate e pomellate, il muso termina in un appiattimento a ventosa o a disco, la coda pende rigidamente fino a terra. Tra le zampe anteriori e la mangiatoia è visibile il resto di un oggetto di ferro, molto ossidato. Secondo Lilliu trattasi di supporto adatto per appendere la navicella, dopo l’uso, in posizione di fianco.
– suino domestico corpulento che mangia, placido e in piedi, da un cesto simile a quello del bue, ma più piccolo. Il corpo del maiale è tozzo e greve, la coda arricciata, la schiena setolosa resa con striature a spina di pesce, le orecchie abbassate e il muso a ventosa appiattito
– un ariete (o muflone maschio) identificabile dalle corna avvolte all’indietro, con la groppa rialzata e con il grosso muso a disco appoggiato al posteriore dell’animale che lo precede (probabilmente un’esemplare femmina che l’animale si appresta a montare)
– muflone femmina (o pecora), in piedi, col dorso discendente in avanti, che fa forza sulle zampe anteriori per reggere il peso dell’esemplare maschio
– animale difficilmente interpretabile: la testa, volta a prua, tocca col muso allungato l’orlo dello scafo a cui aderisce anche il resto del corpo, sino a confondersi con esso. La forma della testa e il taglio aguzzo delle orecchie suggeriscono la rappresentazione di un cane accosciato, disteso allungato sul bordo della nave, come per riposarsi
SUL FIANCO DESTRO (da prua a poppa)
– un cane, del tutto simile a quello presente sul fianco sinistro
– un quadrupede volto a poppa, che mangia da un cesto. É un animale domestico, infatti lo schema del corpo è simile a quello del bue aggiogato che lo precede e farebbe pensare a un torello con le corna giovani, appena pronunciate
– davanti al quadrupede, c’è un volatile (un’anatrella?) identico a quelli raffigurati sulle colonnine del “castello” e tra i rami del palco delle corna della protome cervina
– bue aggiogato, uguale al compagno dell’altro lato, perfettamente simmetrico
– un cane con figura e atteggiamento identico al compagno del lato sinistro che attacca il riccio; in questo caso, il cane abbaia e si appresta ad assaltare il suino da dietro
– suino, simile nella figura d’insieme e nei particolari anatomici al compagno sul lato sinistro, posizionato però in avanti rispetto all’altro esemplare, probabilmente per lasciare posto nella composizione ad altri animali. L’animale a differenza del compagno, non mangia dalla cesta, anzi non mangia affatto, perché è assalito da due cani. Ciò fa pensare che si tratti non di un maiale ma di un cinghiale, dato che la rappresentazione è del tutto simile a una scena di caccia nel momento in cui il cinghiale viene stanato e circondato dai cani
– un altro cane, eretto, che azzanna il muso del suino, trattenendolo
– animale sdraiato e disteso allungato sull’orlo dello scafo, probabilmente anche in questo caso trattasi di un cane
Ringraziamo Andrea Loddo per averci fatto notare che sulle corna dei buoi aggiogati sono presenti quattro sfere con raffigurati tratti umani.
Nel complesso la raffigurazione si basa su temi comuni della vita agreste desunti sia dall’esperienza agricola e di allevamento (giogo, maiale, gruppo di ariete e pecora), sia dall’attività venatoria (protome cervina, cani, scena di caccia con cinghiale).
Pertanto per Lilliu la navicella potrebbe a prima vista ritenersi un esempio di battello da trasporto di lunga navigazione, come le analoghe navicelle nuragiche, date le dimensioni e la forma…..ma non certamente per l’insieme dell’ornato plastico che non ha alcuna relazione con animali trasportati per mare. “A che scopo caricare cane e cinghiali?” si chiede lo studioso.
Luogo di ritrovamento: Colonia di Buriano (Grosseto), antica Vetulonia, dal circolo del Duce, gruppo V
Residenza attuale: Museo Archeologico di Firenze

Comune:
Prov:
Autore:
ARCIERE CON ASTA A PENNA DIREZIONALE

129) ARCIERE CON ASTA A PENNA DIREZIONALE
Nome: arciere con asta a penna direzionale
Dimensioni: altezza 28,3 cm
Aspetto e vestiario: L’arciere è raffigurato ritto in piedi, con busto e arco visti di profilo mentre la testa è girata di tre quarti e chinata in avanti, come per voler seguire il lancio della freccia.
Il guerriero impugna l’arco pesante tenendolo con la mano sinistra, mentre con la mano destra regge la freccia e sta per tendere la corda. Il polso destro è protetto da un brassard in cuoio.
L’arciere porta sul capo un elmetto a due corte creste e corna brevi rivolte in avanti e indossa una doppia tunica senza frange. La tunica superiore è aperta sul fianco sinistro ed è trattenuta da un fermaglio. Sopra la tunica, sul petto, è visibile una pezza di stoffa (una sciarpa?) che scende obliquamente da destra verso sinistra e termina in un orlo frangiato (si vedano le striature orizzontali).
Gli altri elementi di protezione che completano il corredo da combattimento del guerriero sono:
– doppia goliera
– gambiere, già viste in molti bronzetti, ma qui sono più lunghe e con guarnizione a frangia nella parte superiore del polpaccio (si vedano brevi incisioni verticali parallele)
– placca rettangolare di protezione portata sul petto
– pugnaletto ad elsa gammata (piastra e pugnaletto coprono in parte la pezza di stoffa frangiata)
Il bagaglio delle armi in dotazione al guerriero è portato sul dorso e appare complesso e pesante:
– vasetto o astuccio conico (per contenere le punte di freccia o il grasso per l’arco)
– faretra (o turcasso – come preferisce chiamarlo Lilliu), custodia per le frecce dell’arco
– spada rinfoderata, con elsa a sbarretta trasversale e pomo bilobato, con estremità inferiore inserita in un anello orizzontale “fuso” con la punta stondata della faretra
– asta o lungo bastone cilindrico affinato verso l’alto e terminante con tre anellini che lo fissano ad una grande penna triangolare, tutta striata
Luogo di ritrovamento: Teti (NU), località Abini
Residenza attuale: Museo Archeologico di Cagliari
Segni particolari: rotta la parte superiore dell’arco pesante e quasi l’intera corda; spuntata la penna dell’asta
Curiosità: Lilliu parla di “turcasso” anziché di faretra.
Etimologia: TURCASSO dal persiano “tīrkash”, composta da tīr = freccia e kashīdan = tirare
Ma la vera particolarità di questo bronzetto è la cosiddetta “asta direzionale”.
Il significato di questo oggetto non è ancora chiaro, questa la possibile ipotesi riportata da Lilliu:
Asta con in sommità “una grande penna triangolare, tutta striata, di lamina metallica o di sottile cuoio o anche di piume stesse, che serviva a imprimere e mantenere la giusta direzione dell’arma nel tragitto, prima di colpire l’oggetto”.
Per Lilliu quindi l’asta era un’arma e la penna serviva per dirigere il lancio.
Altre ipotesi che appaiono convincenti sono le seguenti: asta che serviva ad indicare la posizione esatta dell’arciere al resto dell’esercito oppure serviva per inviare segnalazioni agli altri schieramenti; oppure poteva trattarsi di una “bandierina” che indicava la direzione del vento: dettaglio fondamentale nei lanci lunghi.
Fotografia del bronzetto di G. Exana
Immagini ricostruzioni archeo-sperimentali di Andrea Loddo (gli Ultimi Nuragici)
Descrizione e immagini tratte da G.Lilliu, “Sculture della Sardegna nuragica”, 1966, ed. ILISSO

Comune:
Prov:
Autore:
ARCIERE CON ASTA A PENNA DIREZIONALE

129) ARCIERE CON ASTA A PENNA DIREZIONALE
Nome: arciere con asta a penna direzionale
Dimensioni: altezza 28,3 cm
Aspetto e vestiario: L’arciere è raffigurato ritto in piedi, con busto e arco visti di profilo mentre la testa è girata di tre quarti e chinata in avanti, come per voler seguire il lancio della freccia.
Il guerriero impugna l’arco pesante tenendolo con la mano sinistra, mentre con la mano destra regge la freccia e sta per tendere la corda. Il polso destro è protetto da un brassard in cuoio.
L’arciere porta sul capo un elmetto a due corte creste e corna brevi rivolte in avanti e indossa una doppia tunica senza frange. La tunica superiore è aperta sul fianco sinistro ed è trattenuta da un fermaglio. Sopra la tunica, sul petto, è visibile una pezza di stoffa (una sciarpa?) che scende obliquamente da destra verso sinistra e termina in un orlo frangiato (si vedano le striature orizzontali).
Gli altri elementi di protezione che completano il corredo da combattimento del guerriero sono:
– doppia goliera
– gambiere, già viste in molti bronzetti, ma qui sono più lunghe e con guarnizione a frangia nella parte superiore del polpaccio (si vedano brevi incisioni verticali parallele)
– placca rettangolare di protezione portata sul petto
– pugnaletto ad elsa gammata (piastra e pugnaletto coprono in parte la pezza di stoffa frangiata)
Il bagaglio delle armi in dotazione al guerriero è portato sul dorso e appare complesso e pesante:
– vasetto o astuccio conico (per contenere le punte di freccia o il grasso per l’arco)
– faretra (o turcasso – come preferisce chiamarlo Lilliu), custodia per le frecce dell’arco
– spada rinfoderata, con elsa a sbarretta trasversale e pomo bilobato, con estremità inferiore inserita in un anello orizzontale “fuso” con la punta stondata della faretra
– asta o lungo bastone cilindrico affinato verso l’alto e terminante con tre anellini che lo fissano ad una grande penna triangolare, tutta striata
Luogo di ritrovamento: Teti (NU), località Abini
Residenza attuale: Museo Archeologico di Cagliari
Segni particolari: rotta la parte superiore dell’arco pesante e quasi l’intera corda; spuntata la penna dell’asta
Curiosità: Lilliu parla di “turcasso” anziché di faretra.
Etimologia: TURCASSO dal persiano “tīrkash”, composta da tīr = freccia e kashīdan = tirare
Ma la vera particolarità di questo bronzetto è la cosiddetta “asta direzionale”.
Il significato di questo oggetto non è ancora chiaro, questa la possibile ipotesi riportata da Lilliu:
Asta con in sommità “una grande penna triangolare, tutta striata, di lamina metallica o di sottile cuoio o anche di piume stesse, che serviva a imprimere e mantenere la giusta direzione dell’arma nel tragitto, prima di colpire l’oggetto”.
Per Lilliu quindi l’asta era un’arma e la penna serviva per dirigere il lancio.
Altre ipotesi che appaiono convincenti sono le seguenti: asta che serviva ad indicare la posizione esatta dell’arciere al resto dell’esercito oppure serviva per inviare segnalazioni agli altri schieramenti; oppure poteva trattarsi di una “bandierina” che indicava la direzione del vento: dettaglio fondamentale nei lanci lunghi.
Fotografia del bronzetto di G. Exana
Immagini ricostruzioni archeo-sperimentali di Andrea Loddo (gli Ultimi Nuragici)
Descrizione e immagini tratte da G.Lilliu, “Sculture della Sardegna nuragica”, 1966, ed. ILISSO

Comune:
Prov:
Autore:
DONNA OFFERENTE

144) DONNA OFFERENTE
Nome: donna offerente
Professione: sconosciuta
Dimensioni: altezza 18,5 cm
Aspetto e vestiario: la donna raffigurata in piedi e frontalmente, con la mano destra alzata porge il consueto saluto devozionale, con la mano sinistra regge l’offerta votiva: una ciotola emisferica contenente quattro oggetti con forma sferica, forse focacce o frutti.
La figura femminile indossa:
– un velo sul capo che, scendendo sulle spalle, lascia scoperti sulla fronte i capelli, distinti da una scriminatura mediana
– una tunica attillata e senza maniche, sobria ed elegante, che si avvolge intorno al corpo con un lembo aperto sul fianco sinistro e fermato sulla spalla forse tramite una fibula;
– una cintura sui fianchi segnata con tratteggio verticale
– una sottoveste con l’orlo a pieghe verticali lunga sino ai piedi nudi
– un mantello rigido sulle spalle che riquadra la figura come un fondale e cade dalle spalle fino all’altezza della balza della sottoveste; sul manto notiamo un lembo verticale che accentua la struttura filiforme del corpo e un “manipolo pieghettato a fini rigature che trattiene presso il gomito sinistro il mantello” dice Lilliu ” simile a quello delle frange, a striature sottili, applicate sul dorso del mantello portato dal Capotribù di Uta”.
Il capo ha forma cilindrica, squadrata e allungata; si nota lo schema a T delle sopracciglia scolpite con intaccature oblique e del naso, gli occhi oblunghi scavati all’intorno, la bocca “ottenuta con taglio curvo da cui sporge il labbro inferiore”.
Il collo appare tozzo, grosso e sproporzionato rispetto al corpo esile, forse per sottolineare la forza MATRIARCALE e la solennità del personaggio.
Luogo di ritrovamento: Sardegna, località sconosciuta
Residenza attuale: Museo delle Antichità di Torino
Segni particolari: Il bronzetto poggia ancora sul sostegno a tre piedi che di solito veniva incastrato, tramite piombatura, sulla tavola delle offerte. Andrea Loddo però, che si occupa di archeologia sperimentale, ha notato che i tre canali di colaggio della figurina sono privi di piombo, quindi questo prova che il bronzetto non è stato mai posizionato su altare litico, con grappa di piombo e fissato eternamente sugli altari o sulle pietre menir, come al santuario di Serri.
Curiosità:
Lilliu nota una fortissima somiglianza tra questo bronzetto femminile e altri bronzetti maschili:
1) ai Capotribù, in particolare quello di Abini-Teti, per la forma squadrata della testa e il taglio marcato delle sopracciglia, la forma del manto
2) al guerriero con scudo trovato ad Aidomaggiore, loc. Tuvàmini per il taglio del volto: schema a T, fattezze della bocca, occhi oblunghi
Per Lilliu questa figura femminile potrebbe essere “l’altra metà” dei Capitribù: se questi infatti erano Re, Notabili, (Sacerdoti?)… le belle e solenni immagini di donne con manto in posa ieratica potrebbero essere le loro mogli, ovvero signore di notabili
…..oppure Sacerdotesse, perchè no? ?
NOTA:
Questo bronzetto, insieme ad altri 6 è esposto a Torino.
“Nel 1840 Alberto della Marmora fece scoprire al Piemonte la preistoria sarda con un libro (Voyage en Sardaigne) e una serie di oggetti per le collezioni reali: soprattutto le armi e le figurine votive in bronzo diventano da allora elementi ricercati per raccolte museali”
(dal pannello esplicativo del museo delle Antichità – Torino)
Fotografie di B. Auguadro
Descrizione tratta da G.Lilliu, “Sculture della Sardegna nuragica”, 1966, ed. ILISSO

Comune:
Prov:
Autore:
Madre con bambino

146) MADRE CON BAMBINO
Nome: madre con bambino
Dimensioni: altezza 13,1 cm
Luogo di provenienza: probabilmente Lodé (Siniscola)
Residenza Attuale: Ginevra -Svizzera (CH), collezione ORTIZ
Aspetto e vestiario: la madre offerente è raffigurata stante. Con il braccio sinistro piegato, sorregge il bambino nella cavità del gomito e con la mano aperta offre una ciotola alla divinità. Con il braccio e la mano destra, estesi in avanti, porge il saluto devozionale.
Il bambino è seduto nell’incavo del braccio e si regge con il braccio destro appoggiandosi al collo e alla spalla della madre; la mano sinistra scende sulle ginocchia.
La donna indossa
– una doppia tunica: una lunga veste leggera forse di lino e sopra una tunica più corta, avvolta attorno al corpo. La sottoveste lascia intravedere le pieghe rappresentate da linee verticali (molto simile alla lunghe gonne con pieghe volute in senso orario, Su frangiu, ancora oggi in uso nei costumi tradizionali).
– un mantello molto spesso indossato sulle spalle, lungo quasi fino ai piedi nudi.
Segni particolari: patina grigio-verde, varie incrostazioni. Tracce sotto i piedi della colata plumbea che fissava la statuetta sul blocco di calcare
Curiosità:
Jürgen Thimme [Kunst und Kultur Sardiniens, no. 139, pp. 117, 392.] confronta questa figurina con altre tre raffigurazioni di madre e figlio che chiedono l’aiuto alla divinità, ma generalizza concludendo che il gesto e la ciotola sacrificale del presente esempio lo inducono a ritenere che tutte queste rappresentazioni dell’arte nuragica rappresentino una madre con un figlio MALATO.
Effettivamente “due di queste rappresentazioni di madri con bambini furono ritrovate al santuario di Santa Vittoria a Serri, sito probabilmente visitato dai malati in cerca di guarigione, come anche attestato da una statuetta trovata in loco di offerente con stampella.
Ci sono però notevoli differenze tra i quattro bronzetti (di madri con figlio).
Nel caso dei due di Santa Vittoria, il bambino appare malato, la testa si appoggia sul braccio della madre, mentre lo avvolge come in una culla, con la mano che termina sulla coscia del bambino. Tuttavia il terzo esempio (“la Madre dell’Ucciso” di Urzulei ) – che raffigura una madre seduta su uno sgabello con il figlio in braccio – è diverso. Il figlio non è un bambino, è già un giovane e indossa un berretto utilizzato di solito dai capotribù e sul petto mostra il pugnale ad elsa gammata, chiare indicazioni del suo rango: secondo Lilliu forse si trattava di un giovane aristocratico. Potrebbe quindi rappresentare il figlio morto, dal momento che il gruppo è stato trovato in una grotta sacra associata al culto alle divinità ctonie e può rappresentare un voto alla Dea Madre, un’intercessione a favore della vita (del giovane) dopo la morte. L’avambraccio destro della madre è rotto e mancante, ma era sicuramente proteso in avanti in una posizione simile a quella della nostra statuetta, in un gesto di offerta.
È da notare che questo quarto bronzetto è unico e ci ricorda le Vergini romaniche con Bambino della regione Auvergne della Francia, anche se queste ultime sono di solito sedute e il braccio destro del Bambino viene sollevato piuttosto che posto sopra la spalla della madre . Quello che è simile è l’aspetto sano del bambino, la testa alta.
Quindi preferiamo l’ipotesi che questa statuetta sia una rappresentazione di una madre che chiede una grazia/porge un’offerta, ma è incerto se il gesto sia fatto per ringraziare per la guarigione del figlio malato o se sia una richiesta per il suo futuro o per qualche altro scopo, come il ritorno sicuro del marito da una spedizione guerriera”.
Testo virgolettato e fotografia dal web – fonte catalogo “Kunst und Kultur Sardiniens”, 1980
NOTA:
La statuetta, insieme ad altri innumerevoli bronzetti nuragici di inestimabile valore storico e culturale, si trova a Ginevra nella famosa collezione di George Ortiz Patiño… Questo signore oggi deceduto, noto come “Il Re dello stagno”, ricchissimo proprietario di miniere di stagno in Bolivia, era in possesso della più grande collezione di bronzetti nuragici al mondo!
Cosa ne sarà ora della sua immensa collezione non lo sappiamo…ci auguriamo che gli eredi la preservino e decidano in futuro di custodirla ed esporla in un museo aperto al pubblico! 🙂
…e mentre noi schediamo, Andrea Loddo sta abilmente lavorando per riportare in vita questo stupendo bronzetto (in fotografia, suo modellino in cera persa) 😉
Ringraziamo Roberto Lai per le preziose informazioni riportate in nota.

Comune:
Prov:
Autore:
Pugnale a Elsa Gammata

La forma della base di questo famoso pugnale – che troviamo in moltissimi bronzetti di guerrieri e personaggi maschili – ricorda a molti, tra cui Lilliu, la forma di un volatile, spesso rappresentato anche nelle navicelle nuragiche.

Comune:
Prov:
Autore: Andrea Loddo