Nr.51 Catalogo collezione Borowski
Navicella con protome bovina e uccelli
Bronzo. l 27 cm, h 8,2 cm
Sardegna, località sconosciuta.
Cultura nuragica, IX-VIII sec. a.C.
Lo scafo della navicella ha una forma ovale con il bordo a balzo, doppie bande divergenti che reggono l’anello di tenuta decorato con un uccello acquatico, è ornato da protome bovina e due uccelli sul bordo dietro la bande. Gli uccelli sono rivolti verso la poppa. Il muso della protome è cilindrico, gli occhi sferoidali, le corna curve e girate obliquamente indietro. Il collo della protome è avvolto da un filo metallico di cui una delle estremità forma tra le corna una spirale, eseguito nel processo di fonditura. Altre spirali guarniscono le bande a destra e a sinistra dell’anello.
Un esempio di spirale tra le corna lo troviamo in una navicella della collezione Ortiz, Ginevra (SKK nr. 177) così come in una protome di Cagliari (G.Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, 1966, nr. 311)
Per quanto riguarda l’inquadramento della navicella nel periodo arcaico, vedere le considerazioni fatte per la navicella nr. 50.
I valori dell’analisi dei metalli eseguiti nel laboratorio di ricerca Rathgen di Berlino (J. Riederer) corrispondono alla lega tipica per i bronzi sardi.
Stato di conservazione: la cima dell corno destro è stata aggiunta, manca la coda dell’uccello sull’anello di tenuta.
Patina verde con poche effluorescenze, all’interno dello scafo la patina è granulosa e opaca.
Bibliografia: SKK (Kunst und Kultur Sardiniens, 1980) Nr. 179
#immagini: 8069
Nr.51 Catalogo collezione Borowski
Navicella con protome bovina e uccelli
Bronzo. l 27 cm, h 8,2 cm
Sardegna, località sconosciuta.
Cultura nuragica, IX-VIII sec. a.C.
Lo scafo della navicella ha una forma ovale con il bordo a balzo, doppie bande divergenti che reggono l’anello di tenuta decorato con un uccello acquatico, è ornato da protome bovina e due uccelli sul bordo dietro la bande. Gli uccelli sono rivolti verso la poppa. Il muso della protome è cilindrico, gli occhi sferoidali, le corna curve e girate obliquamente indietro. Il collo della protome è avvolto da un filo metallico di cui una delle estremità forma tra le corna una spirale, eseguito nel processo di fonditura. Altre spirali guarniscono le bande a destra e a sinistra dell’anello.
Un esempio di spirale tra le corna lo troviamo in una navicella della collezione Ortiz, Ginevra (SKK nr. 177) così come in una protome di Cagliari (G.Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, 1966, nr. 311)
Per quanto riguarda l’inquadramento della navicella nel periodo arcaico, vedere le considerazioni fatte per la navicella nr. 50.
I valori dell’analisi dei metalli eseguiti nel laboratorio di ricerca Rathgen di Berlino (J. Riederer) corrispondono alla lega tipica per i bronzi sardi.
Stato di conservazione: la cima dell corno destro è stata aggiunta, manca la coda dell’uccello sull’anello di tenuta.
Patina verde con poche effluorescenze, all’interno dello scafo la patina è granulosa e opaca.
Bibliografia: SKK (Kunst und Kultur Sardiniens, 1980) Nr. 179
32 Figura di donna orante con mantello
Bronzo, a 11,4 cm, con condotto di colata 15 cm
Sardegna, località sconosciuta.
Cultura nuragica VIII- VII sec. a.C.
La donna porge in avanti la destra in un atteggiamento di saluto o di preghiera, sta ritta a gambe unite e probabilmente teneva nella sinistra un’offerta sacrificale ora andata perduta. Sopra tre tuniche a lunghezze scalate con gli orli a piegoline o a frange porta una veste con un risvolto che avvolge diagonalmente il busto(non chiaramente visibile) e lascia scoperta la spalla destra; l’orlo esterno della veste è leggermente scostato dal busto. Le spalle e la parte superiore delle braccia sono coperte da un manto che nella parte posteriore è ornato con due strisce, una larga ed una stretta, con motivo a spina di pesce. Il capo è coperto da un velo. Grandi occhi rotondi e contornati, un naso lungo sottile e diritto su una piccola bocca sono le caratteristiche del viso lungo e affusolato. La mano destra è sproporzionatamente grande.
Una tipologia simile, soprattutto nella configurazione del volto, la troviamo in due sacerdotesse sacrificanti a Cagliari (G.Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, 1966, nr. 73 e 120). Statuette simili, della stessa tematica abbigliamento affine si trovano anche nei musei di Torino e di Roma (G. Lilliu, op.cit. nr. 75,76)
I valori dell’analisi dei metalli dell’istituto di ricerca Rathgen di Berlino (J.Riederer) corrispondono alla lega tipica per i bronzi sardi.
Stato di conservazione: manca l’avambraccio sinistro; tra i piedi avanzi del piombo della montatura originaria. Patina verde levigata, con punti di efflorescenza.
Letteratura: SKK (Kunst und Kultur Sardiniens, 1980) Nr. 138
Per dimensioni e configurazione questo riccio corrisponde all’unico peso sardo conosciuto che si trova a Cagliari (Zervos, ill. 168 – secondo l’informazione di F. Barreca pesante 2175 g), che tuttavia non ha una rappresentazione figurativa ma la forma di un blocco cubico con un grande manico ad anello nella parte superiore. L’ esecuzione del riccio è di alta qualità, stilizzato ma molto ben studiato con muso a punta, orecchie relativamente grandi , quattro gambette ed una codina mozza sotto la quale è accennato il suo sesso maschile. Gli aculei sono raffigurati da piccoli cerchi fittamente vicini. Al di sotto sono presenti due aperture rotonde, entrambi colme di piombo, una di circa 4 cm di diametro ed un’altra leggermente irregolare di circa 2 cm sotto la testa. Si evince l’impressione che solo la superficie esterna del riccio, di per sé non molto grossa, sia di bronzo. La forma del riccio, chiusa e compatta, viene molto incontro alla funzione di questo bronzo come peso. La figura singolare del manufatto prova la capacità di osservazione e l’ingegnosità dei sardi. Un riccio si trova anche tra gli animali rappresentati sulla navicella sarda trovata a Vetulonia ed esposta a Firenze (ill. 35)
Il riccio fa parte degli animali del mondo antico che furono raffigurati già dagli inizi del neolitico. Il suo emergere dal letargo in primavera, la sua attività preferibilmente notturna e la sua capacità di sterminare insetti nocivi e serpenti potrebbero aver trasmesso anche valori simbolici.
Marija Gimbutas ha associato strettamente il riccio alla Grande Dea (The Gods and Goddesses of Old Europe, 1974, pagg. 179 – confr. Thimme, Kunst und Kultur der Kykladeninseln im 3. Jahrtausend v. Chr. Ausstellungskatalog Karlsruhe 1976).
Il peso del riccio di 3780 si avvicina molto ai 3790 g della norma di peso standard leggermente più elevato di dieci miniere d’argento fenicie (RE suppl III, 1918 col. 611, vedere sotto “pesi”, vedere anche “Der kleine Pauly, 1967, col. 791 vedere sotto “pesi” ).
I valori dell’analisi dei metalli eseguiti nel laboratorio di ricerca Rathgen di Berlino (J. Riederer) corrispondono alla lega tipica per i bronzi sardi.
Stato di conservazione: manico leggermente distorto. Non è chiaro se la seconda apertura irregolare sia dovuta a danneggiamento; piccola parte rotonda mancante vicino al manico, altrimenti in uno stato eccellente di conservazione.
Letteratura: SKK (Kunst und Kultur Sardiniens, 1980) Nr. 170
Jürgen Thimme 1983
Questo reperto si trova oggi alla „Archeologische Staatssammlung” di Monaco di Baviera e questa che segue è la traduzione della didascalia del catalogo del Museo, a cura di Gisela Zahlhaas.
Tardo Bronzo/ inizio Ferro
1000-500 a.C.
Bacino del Mediterraneo orientale
Bronzo, piombo, h 15 cm, peso 6410g
Inv. 1990 517.
L’introduzione e la normativa delle misure e dei pesi è stato di grandissima importanza per le prime culture dell’Asia minore poiché stavano alla base di una amministrazione funzionante per i tributi e per i beni di scambio. Molto presto sono stati creati pesi con forme simboliche, per esempio di animali. Per il nostro esemplare venne scelto il riccio, che nell’antichità era garanzia di affidabilità, vigilanza e costanza, qualità queste di basilare importanza per l’uso di un peso .
Il corpo tondo dell’animale è di bronzo cavo, completamente riempito di piombo ed è completato da un grande anello per essere appeso. L’anello ha tracce evidenti d’uso. Sulla superficie gli aculei sono rappresentati da cerchietti punzonati vicini gli uni agli altri. Il naso a punta, gli occhi piccoli, la codina mozza e le gambette corte caratterizzano l’animale. Le grandi orecchie a punta si ritrovano solo tra i ricci di terra “a grandi orecchie” originari del Mediterraneo orientale e del delta del Nilo.
Il notevole peso di 6410g ci fa pensare di avere davanti una parte di una grande bilancia. Da quale area culturale provenga questo riccio non può essere determinato con esattezza, poiché il peso non può essere attribuito a modelli conosciuti. Tuttavia si può far riferimento alla regione di provenienza naturale di questi animali.
Per dimensioni e configurazione questo riccio corrisponde all’unico peso sardo conosciuto che si trova a Cagliari (Zervos, ill. 168 – secondo l’informazione di F. Barreca pesante 2175 g), che tuttavia non ha una rappresentazione figurativa ma la forma di un blocco cubico con un grande manico ad anello nella parte superiore. L’ esecuzione del riccio è di alta qualità, stilizzato ma molto ben studiato con muso a punta, orecchie relativamente grandi , quattro gambette ed una codina mozza sotto la quale è accennato il suo sesso maschile. Gli aculei sono raffigurati da piccoli cerchi fittamente vicini. Al di sotto sono presenti due aperture rotonde, entrambi colme di piombo, una di circa 4 cm di diametro ed un’altra leggermente irregolare di circa 2 cm sotto la testa. Si evince l’impressione che solo la superficie esterna del riccio, di per sé non molto grossa, sia di bronzo. La forma del riccio, chiusa e compatta, viene molto incontro alla funzione di questo bronzo come peso. La figura singolare del manufatto prova la capacità di osservazione e l’ingegnosità dei sardi. Un riccio si trova anche tra gli animali rappresentati sulla navicella sarda trovata a Vetulonia ed esposta a Firenze (ill. 35)
Il riccio fa parte degli animali del mondo antico che furono raffigurati già dagli inizi del neolitico. Il suo emergere dal letargo in primavera, la sua attività preferibilmente notturna e la sua capacità di sterminare insetti nocivi e serpenti potrebbero aver trasmesso anche valori simbolici.
Marija Gimbutas ha associato strettamente il riccio alla Grande Dea (The Gods and Goddesses of Old Europe, 1974, pagg. 179 – confr. Thimme, Kunst und Kultur der Kykladeninseln im 3. Jahrtausend v. Chr. Ausstellungskatalog Karlsruhe 1976).
Il peso del riccio di 3780 si avvicina molto ai 3790 g della norma di peso standard leggermente più elevato di dieci miniere d’argento fenicie (RE suppl III, 1918 col. 611, vedere sotto “pesi”, vedere anche “Der kleine Pauly, 1967, col. 791 vedere sotto “pesi” ).
I valori dell’analisi dei metalli eseguiti nel laboratorio di ricerca Rathgen di Berlino (J. Riederer) corrispondono alla lega tipica per i bronzi sardi.
Stato di conservazione: manico leggermente distorto. Non è chiaro se la seconda apertura irregolare sia dovuta a danneggiamento; piccola parte rotonda mancante vicino al manico, altrimenti in uno stato eccellente di conservazione.
Letteratura: SKK (Kunst und Kultur Sardiniens, 1980) Nr. 170
Jürgen Thimme 1983
Questo reperto si trova oggi alla „Archeologische Staatssammlung” di Monaco di Baviera e questa che segue è la traduzione della didascalia del catalogo del Museo, a cura di Gisela Zahlhaas.
Tardo Bronzo/ inizio Ferro
1000-500 a.C.
Bacino del Mediterraneo orientale
Bronzo, piombo, h 15 cm, peso 6410g
Inv. 1990 517.
L’introduzione e la normativa delle misure e dei pesi è stato di grandissima importanza per le prime culture dell’Asia minore poiché stavano alla base di una amministrazione funzionante per i tributi e per i beni di scambio. Molto presto sono stati creati pesi con forme simboliche, per esempio di animali. Per il nostro esemplare venne scelto il riccio, che nell’antichità era garanzia di affidabilità, vigilanza e costanza, qualità queste di basilare importanza per l’uso di un peso .
Il corpo tondo dell’animale è di bronzo cavo, completamente riempito di piombo ed è completato da un grande anello per essere appeso. L’anello ha tracce evidenti d’uso. Sulla superficie gli aculei sono rappresentati da cerchietti punzonati vicini gli uni agli altri. Il naso a punta, gli occhi piccoli, la codina mozza e le gambette corte caratterizzano l’animale. Le grandi orecchie a punta si ritrovano solo tra i ricci di terra “a grandi orecchie” originari del Mediterraneo orientale e del delta del Nilo.
Il notevole peso di 6410g ci fa pensare di avere davanti una parte di una grande bilancia. Da quale area culturale provenga questo riccio non può essere determinato con esattezza, poiché il peso non può essere attribuito a modelli conosciuti. Tuttavia si può far riferimento alla regione di provenienza naturale di questi animali.
Per dimensioni e configurazione questo riccio corrisponde all’unico peso sardo conosciuto che si trova a Cagliari (Zervos, ill. 168 – secondo l’informazione di F. Barreca pesante 2175 g), che tuttavia non ha una rappresentazione figurativa ma la forma di un blocco cubico con un grande manico ad anello nella parte superiore. L’ esecuzione del riccio è di alta qualità, stilizzato ma molto ben studiato con muso a punta, orecchie relativamente grandi , quattro gambette ed una codina mozza sotto la quale è accennato il suo sesso maschile. Gli aculei sono raffigurati da piccoli cerchi fittamente vicini. Al di sotto sono presenti due aperture rotonde, entrambi colme di piombo, una di circa 4 cm di diametro ed un’altra leggermente irregolare di circa 2 cm sotto la testa. Si evince l’impressione che solo la superficie esterna del riccio, di per sé non molto grossa, sia di bronzo. La forma del riccio, chiusa e compatta, viene molto incontro alla funzione di questo bronzo come peso. La figura singolare del manufatto prova la capacità di osservazione e l’ingegnosità dei sardi. Un riccio si trova anche tra gli animali rappresentati sulla navicella sarda trovata a Vetulonia ed esposta a Firenze (ill. 35)
Il riccio fa parte degli animali del mondo antico che furono raffigurati già dagli inizi del neolitico. Il suo emergere dal letargo in primavera, la sua attività preferibilmente notturna e la sua capacità di sterminare insetti nocivi e serpenti potrebbero aver trasmesso anche valori simbolici.
Marija Gimbutas ha associato strettamente il riccio alla Grande Dea (The Gods and Goddesses of Old Europe, 1974, pagg. 179 – confr. Thimme, Kunst und Kultur der Kykladeninseln im 3. Jahrtausend v. Chr. Ausstellungskatalog Karlsruhe 1976).
Il peso del riccio di 3780 si avvicina molto ai 3790 g della norma di peso standard leggermente più elevato di dieci miniere d’argento fenicie (RE suppl III, 1918 col. 611, vedere sotto “pesi”, vedere anche “Der kleine Pauly, 1967, col. 791 vedere sotto “pesi” ).
I valori dell’analisi dei metalli eseguiti nel laboratorio di ricerca Rathgen di Berlino (J. Riederer) corrispondono alla lega tipica per i bronzi sardi.
Stato di conservazione: manico leggermente distorto. Non è chiaro se la seconda apertura irregolare sia dovuta a danneggiamento; piccola parte rotonda mancante vicino al manico, altrimenti in uno stato eccellente di conservazione.
Letteratura: SKK (Kunst und Kultur Sardiniens, 1980) Nr. 170
Jürgen Thimme 1983
Questo reperto si trova oggi alla „Archeologische Staatssammlung” di Monaco di Baviera e questa che segue è la traduzione della didascalia del catalogo del Museo, a cura di Gisela Zahlhaas.
Tardo Bronzo/ inizio Ferro
1000-500 a.C.
Bacino del Mediterraneo orientale
Bronzo, piombo, h 15 cm, peso 6410g
Inv. 1990 517.
L’introduzione e la normativa delle misure e dei pesi è stato di grandissima importanza per le prime culture dell’Asia minore poiché stavano alla base di una amministrazione funzionante per i tributi e per i beni di scambio. Molto presto sono stati creati pesi con forme simboliche, per esempio di animali. Per il nostro esemplare venne scelto il riccio, che nell’antichità era garanzia di affidabilità, vigilanza e costanza, qualità queste di basilare importanza per l’uso di un peso .
Il corpo tondo dell’animale è di bronzo cavo, completamente riempito di piombo ed è completato da un grande anello per essere appeso. L’anello ha tracce evidenti d’uso. Sulla superficie gli aculei sono rappresentati da cerchietti punzonati vicini gli uni agli altri. Il naso a punta, gli occhi piccoli, la codina mozza e le gambette corte caratterizzano l’animale. Le grandi orecchie a punta si ritrovano solo tra i ricci di terra “a grandi orecchie” originari del Mediterraneo orientale e del delta del Nilo.
Il notevole peso di 6410g ci fa pensare di avere davanti una parte di una grande bilancia. Da quale area culturale provenga questo riccio non può essere determinato con esattezza, poiché il peso non può essere attribuito a modelli conosciuti. Tuttavia si può far riferimento alla regione di provenienza naturale di questi animali.
19 Guerriero con elmo ornato di corna e con arco
Bronzo, h 22,8 cm, con condotto di colata 25 cm
Sardegna, località sconosciuta.
Cultura nuragica IX-VIII sec. a.C.
Il guerriero, in piedi a gambe divaricate, solleva la mano destra in segno di saluto o di preghiera.
Veste una doppia tunica e porta un elmo piatto con un rialzo a forma di mezzaluna (vedi pag.41 del catalogo) e lunghe corna ricurve la cui cima è decorata da un filo di metallo avvolto a spirale (ne è rimasta solo una). L’arco viene tenuto con la sinistra sulla spalla. Il collo è protetto da un collare decorato, il ventre da una piastra quadrata appesa ad una larga e lunga cinghia a V che scende dalle spalle, i polpacci da gambali rinforzati con elementi di metallo ed infine l’avambraccio sinistro da una lunga fascia fermapolso ornata con una spirale, che tutela anche la mano. L’armatura è completata da una faretra al cui lato è assicurata una spada.
La forma severa a T del viso affilato e forte con naso lungo e diritto sopra una piccola bocca, gli occhi grandi , tondi e sporgenti, così come le linee profonde con cui capelli, collare, faretra, fascia fermapolso e gambali vengono contraddistinti in gradevole contrasto con il resto della superficie levigata, sembrano tipici per un gruppo di bronzi nuragici arcaici. Stilisticamente affini sono un guerriero a Cagliari (G.Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, , 1966, nr.83), un guerriero della Bibliothèque Nationale, Parigi (E. Babelon – J. A. Blanchet, Cat. des bronzes antiques, 1895, nr. 918), così come uno dei tre arcieri del nuraghe Pizzinnu (Maetzke, tav. 6,1) dove fu anche ritrovato uno dei primi tori in bronzo (ved. pag. 44).
I valori dell’analisi dei metalli dell’istituto di ricerca Rathgen di Berlino (J.Riederer) corrispondono alla lega tipica dei bronzi sardi.
Stato di conservazione: la cima del corno destro è ricostruita, il condotto di colata poggia in parte ancora nel fissaggio originale di piombo. Patina verde scuro levigata con punti di ossidazione rosso-bruno.
Letteratura: SKK (Kunst und Kultur Sardiniens, 1980) Nr. 92
Bible Lands Museum Jerusalem
19 Guerriero con elmo ornato di corna e con arco
Bronzo, h 22,8 cm, con condotto di colata 25 cm
Sardegna, località sconosciuta.
Cultura nuragica IX-VIII sec. a.C.
Il guerriero, in piedi a gambe divaricate, solleva la mano destra in segno di saluto o di preghiera.
Veste una doppia tunica e porta un elmo piatto con un rialzo a forma di mezzaluna (vedi pag.41 del catalogo) e lunghe corna ricurve la cui cima è decorata da un filo di metallo avvolto a spirale (ne è rimasta solo una). L’arco viene tenuto con la sinistra sulla spalla. Il collo è protetto da un collare decorato, il ventre da una piastra quadrata appesa ad una larga e lunga cinghia a V che scende dalle spalle, i polpacci da gambali rinforzati con elementi di metallo ed infine l’avambraccio sinistro da una lunga fascia fermapolso ornata con una spirale, che tutela anche la mano. L’armatura è completata da una faretra al cui lato è assicurata una spada.
La forma severa a T del viso affilato e forte con naso lungo e diritto sopra una piccola bocca, gli occhi grandi , tondi e sporgenti, così come le linee profonde con cui capelli, collare, faretra, fascia fermapolso e gambali vengono contraddistinti in gradevole contrasto con il resto della superficie levigata, sembrano tipici per un gruppo di bronzi nuragici arcaici. Stilisticamente affini sono un guerriero a Cagliari (G.Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, , 1966, nr.83), un guerriero della Bibliothèque Nationale, Parigi (E. Babelon – J. A. Blanchet, Cat. des bronzes antiques, 1895, nr. 918), così come uno dei tre arcieri del nuraghe Pizzinnu (Maetzke, tav. 6,1) dove fu anche ritrovato uno dei primi tori in bronzo (ved. pag. 44).
I valori dell’analisi dei metalli dell’istituto di ricerca Rathgen di Berlino (J.Riederer) corrispondono alla lega tipica dei bronzi sardi.
Stato di conservazione: la cima del corno destro è ricostruita, il condotto di colata poggia in parte ancora nel fissaggio originale di piombo. Patina verde scuro levigata con punti di ossidazione rosso-bruno.
Letteratura: SKK (Kunst und Kultur Sardiniens, 1980) Nr. 92
Bible Lands Museum Jerusalem
19 Guerriero con elmo ornato di corna e con arco
Bronzo, h 22,8 cm, con condotto di colata 25 cm
Sardegna, località sconosciuta.
Cultura nuragica IX-VIII sec. a.C.
Il guerriero, in piedi a gambe divaricate, solleva la mano destra in segno di saluto o di preghiera.
Veste una doppia tunica e porta un elmo piatto con un rialzo a forma di mezzaluna (vedi pag.41 del catalogo) e lunghe corna ricurve la cui cima è decorata da un filo di metallo avvolto a spirale (ne è rimasta solo una). L’arco viene tenuto con la sinistra sulla spalla. Il collo è protetto da un collare decorato, il ventre da una piastra quadrata appesa ad una larga e lunga cinghia a V che scende dalle spalle, i polpacci da gambali rinforzati con elementi di metallo ed infine l’avambraccio sinistro da una lunga fascia fermapolso ornata con una spirale, che tutela anche la mano. L’armatura è completata da una faretra al cui lato è assicurata una spada.
La forma severa a T del viso affilato e forte con naso lungo e diritto sopra una piccola bocca, gli occhi grandi , tondi e sporgenti, così come le linee profonde con cui capelli, collare, faretra, fascia fermapolso e gambali vengono contraddistinti in gradevole contrasto con il resto della superficie levigata, sembrano tipici per un gruppo di bronzi nuragici arcaici. Stilisticamente affini sono un guerriero a Cagliari (G.Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, , 1966, nr.83), un guerriero della Bibliothèque Nationale, Parigi (E. Babelon – J. A. Blanchet, Cat. des bronzes antiques, 1895, nr. 918), così come uno dei tre arcieri del nuraghe Pizzinnu (Maetzke, tav. 6,1) dove fu anche ritrovato uno dei primi tori in bronzo (ved. pag. 44).
I valori dell’analisi dei metalli dell’istituto di ricerca Rathgen di Berlino (J.Riederer) corrispondono alla lega tipica dei bronzi sardi.
Stato di conservazione: la cima del corno destro è ricostruita, il condotto di colata poggia in parte ancora nel fissaggio originale di piombo. Patina verde scuro levigata con punti di ossidazione rosso-bruno.
Letteratura: SKK (Kunst und Kultur Sardiniens, 1980) Nr. 92
Bible Lands Museum Jerusalem
19 Guerriero con elmo ornato di corna e con arco
Bronzo, h 22,8 cm, con condotto di colata 25 cm
Sardegna, località sconosciuta.
Cultura nuragica IX-VIII sec. a.C.
Il guerriero, in piedi a gambe divaricate, solleva la mano destra in segno di saluto o di preghiera.
Veste una doppia tunica e porta un elmo piatto con un rialzo a forma di mezzaluna (vedi pag.41 del catalogo) e lunghe corna ricurve la cui cima è decorata da un filo di metallo avvolto a spirale (ne è rimasta solo una). L’arco viene tenuto con la sinistra sulla spalla. Il collo è protetto da un collare decorato, il ventre da una piastra quadrata appesa ad una larga e lunga cinghia a V che scende dalle spalle, i polpacci da gambali rinforzati con elementi di metallo ed infine l’avambraccio sinistro da una lunga fascia fermapolso ornata con una spirale, che tutela anche la mano. L’armatura è completata da una faretra al cui lato è assicurata una spada.
La forma severa a T del viso affilato e forte con naso lungo e diritto sopra una piccola bocca, gli occhi grandi , tondi e sporgenti, così come le linee profonde con cui capelli, collare, faretra, fascia fermapolso e gambali vengono contraddistinti in gradevole contrasto con il resto della superficie levigata, sembrano tipici per un gruppo di bronzi nuragici arcaici. Stilisticamente affini sono un guerriero a Cagliari (G.Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, , 1966, nr.83), un guerriero della Bibliothèque Nationale, Parigi (E. Babelon – J. A. Blanchet, Cat. des bronzes antiques, 1895, nr. 918), così come uno dei tre arcieri del nuraghe Pizzinnu (Maetzke, tav. 6,1) dove fu anche ritrovato uno dei primi tori in bronzo (ved. pag. 44).
I valori dell’analisi dei metalli dell’istituto di ricerca Rathgen di Berlino (J.Riederer) corrispondono alla lega tipica dei bronzi sardi.
Stato di conservazione: la cima del corno destro è ricostruita, il condotto di colata poggia in parte ancora nel fissaggio originale di piombo. Patina verde scuro levigata con punti di ossidazione rosso-bruno.
Letteratura: SKK (Kunst und Kultur Sardiniens, 1980) Nr. 92
Bible Lands Museum Jerusalem
Tre menhir di altezza e dimensioni decrescenti, rappresentanti una triade o “una famiglia”. I menhhir sono installati sopra un circolo lapideo
Domus de janas realizzate attorno a un acrocoro su cui insistono le tracce di una capanna o circolo megalitico