Sa Morte Secada. Ultima parte

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di Giorgio Lecchi

Abbiamo lasciato i circoli megalitici Sardi e ora passiamo ad altri con caratteristiche similari come quello al confine tra Israele e Siria, se pur lo possiamo definire con una battuta “eccentrico”. Il complesso si compone di cinque circoli concentrici, il più ampio largo 152 metri e una massiccia camera sepolcrale nel mezzo. Lo si ritiene contemporaneo di Stonehenge (IV millennio A.C., potrebbe essere anche più antico) non è però formato da dolmen e menhir, che sono sparsi nella zona ma da pietre basaltiche di ridotte dimensioni, rovine di mura massicce, una volta alte fino a 10 metri, per un totale di circa 42.000 pietre, se l’avessero costruito 100 persone, ci sarebbe voluto un lavoro di circa 6 anni. Pur avendo particolarità tutte sue ha anche delle similitudini con dei cerchi recentemente scoperti che sono quello del monte Sambucaro nel Frosinate e quelli di Arcaim in Russia.

 

FOTO 1 CIRCOLO MEGALITICO DI GILGAL REFAIM ( Israele)

 

Il nome ebraico, Gilgal Refaim, significa “ruota dei giganti” monumento anomalo per le sue dimensioni, poco si conosce sui costruttori forse nomadi o agricoltori dei villaggi vicini, anche se all’epoca era ben sviluppata la prospiciente civiltà eblaita. Lo accomuna ad altri numerosi monumenti megalitici, che abbiamo visto anche nei precedenti articoli, oltre che la dimensione fisica, il mito di questi giganti, titani, abilissimi costruttori di opere ciclopiche, nomi che ritroviamo nella bibbia come i Nephilim o nei miti sumeri come gli Annunaki.

Le ipotesi di utilizzo del sito sono diverse, io però, come fatto anche per altri luoghi, le vedrei non singolarmente ma nel loro insieme, perché, non mi stancherò mai di ripeterlo, gli antichi hanno una visone religiosa che permea ogni cosa della loro vita. Costruiscono questi monumenti con una visuale molto più ampia di quella che vogliamo attribuire loro oltre al fatto che vi è anche un uso che si diversifica nel corso dei secoli e dei millenni che potrebbe far confondere e portare a trarre conclusioni affrettate.

L’elenco delle ipotesi è il seguente:

-Sito utilizzato come osservatorio astronomico, alcuni studiosi hanno dedotto questo appunto dalla somiglianza con altri siti con uguale funzione e per il fatto che sono puntati su particolari stelle.

-Come calendario perchè indirizzato su solstizi ed equinozi.

-Come tomba anche se di cadaveri come abbiamo visto in altri siti non vi è traccia ma solo oggetti che si ritengono a torto o a ragione corredi funebri e infine quello che più interessa il nostro articolo è:

-Come torre del silenzio, siamo in pieno territorio in cui è presente questa antichissima tradizione. Questa è l’ipotesi che ritengo più credibile perché a valorizzare quest’ultimo argomento c’è una recentissima teoria proposta dall’archeologo Rami Arav dell’Università del Nebraska che lega la struttura all’antico metodo di disposizione dei morti.

Inoltre l’archeologo Yonathan Mizrahi ha trovato che, nel 3000 a.C. «a qualcuno in piedi al centro del circolo il primo barlume di luce sarebbe apparso al centro dell’ingresso di nordest nel muro esterno».

 

Il popolo calcolitico di questa terra seppelliva i propri morti in ossari, il cui uso richiedeva che la carne venisse prima rimossa. C’erano vari modi per ottenere questo tra cui il seppellimento momentaneo fino al consumarsi delle carni. Gli archeologi non hanno trovato prove di queste sepolture preliminari, pensando a metodologie differenti.

 

Un piccolo cilindro di rame con un’apertura quadrata e figure di uccelli sarebbe la prova trovata da Arav che vede parecchie affinità con le torri del silenzio usate per la scarnificazione tramite avvoltoi nel rito Zoroastriano dell’Iran e dell’india. Secondo Arav, Rujm al-Hiri, quindi, era un impianto di scarnificazione.

 

In ogni caso, anche qui parlerei di tempio sacro dove si effettuavano vari rituali e avveniva il sacro matrimonio, come ci tramanda la tradizione dei nativi tra il dio Tammuz e la dea Ishtar per ringraziare del raccolto annuale di grano che come il dio Tammuz o Dumuzi (divinità del pantheon mesopotamico), spariva in autunno per rinascere in primavera.

 

Volevo concludere con i circoli megalitici questa volta andando nell’estremo ovest del mediterraneo ovvero in Portogallo ad Almendres. Sono due circoli uno più grande e uno di dimensioni ridotte che sembrerebbe il più antico, in questo sito l’equipe di archeoacustica del Prof. Debertolis ha fatto dei test e delle misurazioni, che potrebbero essere poi estese anche agli altri siti. L’equipe ha cercato come abbiamo visto anche a GT onde sonore infrasoniche provenienti dal sottosuolo di origine tettonica o causate dal movimento di acque sotterranee. Si è scoperto nel cerchio megalitico minore di Almendres un tipo di frequenze intorno agli 7-8HZ la cui caratteristica è quella di avere un effetto di rilassamento sul fisico umano e la capacità di guarire dallo stress. Si è quindi ipotizzato che possa aver avuto anche una funzione taumaturgica.

 

FOTO 2 CIRCOLO MEGALITICO DI ALMENDRES (Portogallo)

 

Così dice il Professore:” Un dato di fatto interessante è che i megaliti in granito sprigionano ultrasuoni quando sono colpiti dal sole, come rivelato dall’apparecchiatura Pettersson. Si tratta di un fenomeno già scoperto dal studioso britannico Don Robbins del gruppo di ricerca Dragon Project negli anni ’70 nelle Rollright Stones dello Oxfordshire, cerchio megalitico che si trova nel Sud della Gran Bretagna, si tratta di una frequenza molto vicina a quella udibile ed è anche possibile che in tempi antichi la popolazione che viveva senza la presenza di rumori della civiltà odierna, senza un udito deteriorato dall’alto volume sonoro delle varie macchine utensili o di trasporto, senza il rumore della musica ad alto volume e più in connessione con la natura, lo abbia potuto sentire.

 

Ma grazie alla nostra attrezzatura d’alto livello e più duttile rispetto a quella usata più di 30 anni fa, abbiamo scoperto che non è il sole che fa produrre gli ultrasuoni, il calore del sole quando colpisce il granito dei megaliti. E’ anche abbastanza ovvio perché è l’energia solare che surriscaldando la pietra cambia il movimento dei suoi elettroni che passano da una ad un’altra orbita.” Poi continua:” La nostra ipotesi può apparire fondata in particolare ad Almendres dove i megaliti in granito sono stati sagomati con un lato piatto orientato verso il centro del cerchio megalitico, quasi come un antico altoparlante, e il lato ricurvo verso l’esterno. Tale composizione strutturale appare avere una doppia utilità, riflettere il suono di una sorgente posta al centro del cromlech e permettere a chi si poneva al centro del cerchio megalitico di percepire il “canto” delle pietre colpite dal sole.

 

L’effetto doveva essere davvero suggestivo quando i megaliti erano correttamente posizionati. Non come ora che sono in gran parte spostati od orientati diversamente dalla posizione originale. Ma bisogna anche pensare che sono passati ormai 8.000 anni dalla loro collocazione”.

 

FOTO 3 CILINDRI SUMERI CON DIVINITA’ ALATE

 

Rimaniamo in ambito archeoacustico ed entriamo più nei dettagli acustici e magnetici di GT. Come abbiamo già accennato è stato trovato un pilastro centrale il 18 del cerchio D in cui è stata rilevata una frequenza di 20-22hz talora di 14Hz, che è abbastanza anomala. Infatti non ci sono corsi d’acqua che passano nelle vicinanze e nel sottosuolo, l’unica spiegazione possibile potrebbe essere una frizione delle faglie geologiche, la frequenza dei 14Hz è importante poichè è tipica dei luoghi sacri che sono stati testati, soprattutto neolitici.

 

Questa è la frequenza infrasonica che interagisce con il cervello dando rilassamento e favorendo la meditazione, l’estasi mistica. Il secondo fenomeno anomalo è che quando compaiono i 14 Hz invece di andare come dovrebbe essere sui 20-22hxz slitta a 27Hz. Il pilastro 18 ha altre particolarità quando viene colpito presenta frequenze che vanno dai 70 ai 140Hz cosa trovata nei templi di Malta e anche in Portogallo. Cosa vuol dire? Che chi si suonava un tamburo lì vicino faceva entrare in risonanza il pilastro e amplificava la forza del tamburo creando un effetto sull’attività cerebrale. Cosa poi incredibile è che il pilastro è cavo e in virtù di quello che si hanno frequenze di questo tipo.

 

Come è stato possibile fare ciò senza spezzarlo? Non è finita qui sempre in quel cerchio sono stati cercati dei campi magnetici e sempre in prossimità del p. 18 c’è un campo magnetico molto particolare spiraliforme. Lo sapevano? Lo hanno creato loro? Queste genti evidentemente conoscevano le caratteristiche geomagnetiche e acustiche del luogo se no non si spiegherebbe perchè solo in quel sito sono stati rilevati e non nelle zone circostanti.

 

Sono conoscenze che forse avevano gli sciamani? Se tutto questo fosse vero mi farebbe sospettare che si fossero formate nel corso dei millenni dei veri e propri ordini o “sette” dove venivano selezionati e dove si indottrinavano i “prescelti”. Tutto ciò, probabilmente, sfociò nel passaggio da sciamano a sacerdote o addirittura re sacerdote all’inizio della formazione della civiltà sumerica e anche in luoghi come la Sardegna in cui, inizialmente, si aggirano queste figure sciamaniche che col passare del tempo convergono in quelle di sacerdotesse acabadoras, atittadoras o altro.

 

Anche a livello simbolico religioso queste figure mitizzate si trasformano in demoni o divinità, basti pensare ad alcune immagini dei cosiddetti “Kerub” (da cui forse derivano i cherubini) o i guardiani dell’iconografia sumero babilonese, dove vediamo esseri con teste di avvoltoio o aquila, ali e corpo umano dotati della misteriosa“borsetta” come le tre viste a Gobekli Tepe.

 

Per non parlare delle numerose dee uccello che imperversavano nel Neolitico fino alla più conosciuta Lilith. Ancora prima nei periodo Ubaid abbiamo idoli che alcuni definiscono dee ma che in realtà sono esseri serpentiformi sia maschili che femminili, hanno braccia e gambe umani ma il viso di un serpente come di serpente erano le diverse teste trovate a Jarmo insieme a migliaia di altre statuine di veri animali (6700-5000 A.C.). Insomma, anche se millenni dopo, ci sono continui richiami a quella che era, secondo me, una cultura sciamanica, che fosse reminiscenza di tradizioni orali indirette o che ci fosse stata una continuità diretta anche scritta, a causa delle manchevolezze dell’archeologia che si è persa millenni di storia, al momento, non lo possiamo sapere con certezza ma qualcosa di vero c’è.

 

FOTO 4 DEA CICLADICA SARDA + TAU

 

Concludiamo valutando e cercando di far coincidere i puzzle delle varie ipotesi fin quì analizzate. Siamo partiti da GT e qui arriviamo perchè come ci insegnano gli antichi il tempo è come un cerchio. I miti cosmogonici sumeri in particolari quelli della “creazione” parlano di una terra mitica dove una montagna o collina sacra, proprio questo vuole dire il nome sumero di questo luogo cioè DU.KU(DU significa anche costruito ma non sono un linguista quindi prendetela con le pinze, il significato diverrebbe collina costruita ovvero artificiale, come del resto è Gobekli T.), sarebbe la residenza primordiale degli dei, luogo fertile ricco di pecore e grano. In questi territori iniziarono a svilupparsi agricoltura, allevamento, lavorazioni tessuti, la metallurgia. Iscrizioni sempre sumere parlano di dei non ben definiti di nome Annuna, un che potrebbero essere ben rappresentati dai pilastri senza volto di Gobekli Tepe. Iniziarono a evidenziarsi coppie di dei o gemellaggi, come An (cielo) e Ki (terra) o Enlil (dio dell’aria) ed Enki (dio dell’acqua e delle misurazioni), proprio come i pilastri gemelli al centro di alcuni cerchi del suddetto sito.

Abbiamo visto serpenti, avvoltoi e capre, trasmigrare nei corpi degli sciamani e forse diventare simboli successivi di varie divinità o demoni. Abbiamo conosciuto il valore di alcuni numeri come il 3 che insieme al 12 è ben rappresentato a Gobekli Tepe e in altri luoghi che abbiamo visitato. Sempre in Mesopotamia, nei racconti mitologici sumeri, si parla di 3 luoghi che sono la montagna sacra che mette in comunicazione il cielo An e la terra KI dove è presente apsu cioè l’abisso in cui scorre l’acqua che avrebbe fertilizzato la terra. La montagna sacra e i successivi monumenti a lei dedicati diventano duranki: l’unione di cielo e terra, ma anche la dualità, la contrapposizione tra uomo e donna, tra giorno e notte, vita e morte, bene e male, macrocosmo e microcosmo, sole e luna che abbiamo visto anche in un altro cerchio al confine siriano-israelitico dove Tammuz e Ishtar celebravano il matrimonio sacro.

 

Come sacro è il 12 che è il numero di pilastri che circondano i due centrali nel circolo Siriano come fosse un enorme orologio cosmico o uno zodiaco vista la presenza di numerosi animali, 12 divennero poi le principali divinità sumere, le città etrusche e di altri popoli, la suddivisione del tempo ciclica, su base sessagesimale, adottata dai sumeri di 12 ore, si potrebbe andare avanti per ore. Oltre i numeri non scordiamoci le lettere il simbolo di Saturno sarà una T con una mezza luna, sappiamo quale significato hanno “simbolo della materia concentrata o materializzata, con la caducità e i cicli di nascita-vita-morte ad essa collegata e la mezza luna, un elemento che indica ricettività. La porzione inferiore della mezza luna del simbolo del dio indica anche la falce, simbolo di saturno o per lo meno della deità collegata al pianeta nella mitologia antica romana avente l’omonimo nome, Saturno Dio della morte e dell’oltre tomba, dio per antonomasia della caducità della vita che ingoiava i suoi stessi figli per indicare che tutto ciò che nasceva nella materia ad essa tornava morendo”.

 

FOTO 6 SIGILLO MESOPOTAMICO CON AVVOLTOI O DIVINITA’ ALATE

 

Tornando al due la cosa che mi colpisce di più e che mi porta ad azzardare quello che ora dirò è il simbolo a T dei pilastri che come avevo accennato all’inizio potrebbero essere visti come una doppia testa, una specie di Giano bifronte. Sappiamo tutti che questa divinità Italica era accompagnata da un’altra antichissima il cui nome occidentale è appunto Saturno, molte volte confuse perché hanno caratteristiche comuni, sono guardiani della soglia del tempo, delle porte. Saturno è anche dio delle misure, chronokrator, creatore dell’umanità, alcune volte avvicinato alla divinità sumera Enki altre a Ninurta, mentre Giano ha nella sua radice il nome della divinità principale mesopotamica cioè Anu..

Seneca afferma che il pianeta Saturno esercita una potentissima influenza sul moto degli astri.

Aristotele afferma che In tempi antichi le religioni erano solari, lo vediamo in Egitto con Ra, nell’epopea di Gilgamesh o in Grecia a Delfi con il culto di Apollo ma in tempi primordiali il culto stellare aveva molta più importanza, Saturno era considerato l’attore primario di questo culto. Il Titano che con la sua potenza faceva girare la ruota del Tempo circolare che inizia e finisce con lui. Un ordinatore, colui che detta i tempi, da le misure, dio profetico e oracolare, il signore delle soglie colui che dà la chiave per altre dimensioni quelle che cercava lo sciamano nelle sue peregrinazioni.

 

Riporto quello che dice lo studioso Andrea Casella “Laddove vi sono pietre “oracolari” vi è Saturno. Non è purtroppo questa la sede per provare ad esporre la difficile dottrina plutarchea degli oracoli e del loro rapporto con il tempo di Kronos, ossia il tempo che si rivolge su se stesso. Basti qui dire che Kronos è il vero signore del tempo arcaico, deus faber, artifex del tempo che non conosce ancora il concetto di eternità, ma, in forma di serpente che si morde la coda, si rivolge su se stesso, stabilendo in se stesso l’origine e la fine, secondo la massima eraclitea: «Comune è l’inizio e la fine del cerchio». In modo del tutto analogo (poiché, in definitiva, il cerchio non è altro che il cielo/tempo) la dottrina orfica attribuisce spesso a Kronos l’epiteto «dai consigli tortuosi» (o «dal pensiero ricurvo») in greco ἀγκυλομήτης (ankulomètes), (Fr. 107, 131, 140 Kern, Inno a Kronos) motivandolo con il fatto che egli si rivolge sempre su se stesso, o guarda se stesso (korònous). L’epiteto κορόνους (korònous), «che guarda se stesso», riferito a Kronos nei frammenti orfici, sembra un hapax legomenon, non avendo altri riscontri nella letteratura greca. Noi almeno, nonostante gli sforzi profusi, non siamo riusciti a rintracciarne un altro caso. Sembra però un ricalco dell’aggettivo κορωνός (koronòs), «curvo»,«ricurvo».

Foto 6

E’ qui forse che si comincia a intravedere la nascita nel cielo di stelle, di pianeti che poi prenderanno le sembianze degli animali e dei glifi rappresentati sui pilastri, sotto la supervisione “saturnina”, divinità che sarà spodestata da quella solare ma che non sparirà: si passerà da Enki a Ptah, a Set, alle Janua sarde, a Baal, a Saturno-Giano al Sardus Pater.

I simboli presenti nel sito potrebbero essere anche attribuibili a Saturno come la T o la croce tau con “il falcetto” presenti nella forma dei pilastri e nella rappresentazione della falce lunare con al di sopra quello che alcuni ritengono un sole ma che io penso sia una luna piena, si ha così l’intero ciclo lunare, calante, luna piena e luna nuova cioè invisibile che a sua volta richiama il ciclo vita-morte (come del resto gli stessi simboli a forma di C e H). La presenza stessa dello scorpione sul pilastro 43 che dovrebbe rappresentare la costellazione di Antares inclusa nel percorso sciamanico di cui abbiamo già parlato, assume notevole importanza e la rivedremo, in epoca sumero-accadica. Vorrei citare il filologo e linguista Giovanni Semerano e un suo discepolo Carlo Forin che, in parte, mi hanno permesso, tramite le loro geniali intuizioni, di ardire alle conclusioni che sono state tratte finora, infatti essi vedono in Antares uno scrigno o meglio una conchiglia dove è contenuta la perla che rappresenta il nome degli dei che hanno attraversato i millenni come la luce di una stella, non più esistente, giunge a noi. Qui riassumo il loro pensiero “Antares dall’ accadico taru (ciclo, ritorno), voce che si ritrova in etrusco truia, il così detto ludus Troiae di Virgilio (Eneide V, 602)” e Anu, il dio del Cielo accadico. Cioè ‘circolo del Cielo’. Trincea di scavo “E Il sumero AN TAR IS combina il dio sumero UR AN, chiamato semplicemente AN in epoca accadica, e la dea accadica ISH TAR. Il matrimonio cosmico dava la vita in terra. La stella rimasta col nome Antares è il ‘guardiano della via di Anu’ in epoca babilo-nese. E’ la prima stella in basso a destra di un atlante stellare, ed è la stella del segno dello Scorpione. In epoca sumero-accadica GAB GIR TAB, Antares (GAB) dello Scorpione (G IR TAB ‘luce che va e figlia’) univa lo zodiaco formato di 11 segni; era un doppio segno, unione del dio della morte e della dea della vita A DE A. Magicamente, l’anno vecchio moriva e quello nuovo nasceva. Nello zodiaco greco i segni diventavano 12 attraverso la spaccatura del doppio segno cui Antares apparteneva.”

Io penso che in questi cerchi si svolgessero rituali sì di morte ma che, in special modo a Gobekli Tepe, ci fosse qualcosa di più che venne poi tramandato nei corso dei millenni. Non solo elementi astrologici e astronomici ma si iniziava ad intravedere una specie di divinità che aveva a che fare con i cicli, le ere, oltre che con la caducità della vita, con l’oltretomba, ma soprattutto un simbolo dell’Aiòn. A Gobekli come diceva Klaus Schmidt un cerchio (tra l’altro di forma ellissoidale con n un rapporto di lunghezza e larghezza di 5:4 che fa pensare a profonde conoscenze dei cicli cosmici del tempo noti solo dall’età di Platone) veniva coperto e se ne cominciava un altro come se delle epoche venissero chiuse e se ne aprissero altre.

Siamo sempre nel campo delle ipotesi più che ardite, perché queste sono caratteristiche che sì ritroveremo più avanti ma millenni dopo, per cui è facile cadere in errore. Sappiamo anche però che diversi simboli o riti sono perdurati anche per millenni magari non con gli stessi significati ma se si vuole cercare di capire la mentalità di popoli vissuti migliaia di anni fa bisogna cercare di levarsi di dosso la parte più deleteria della razionalità che è quella che mette un freno all’intuito e impedisce di oltrepassare il confine arido e limitato della ragione per poter guardare il cielo con gli occhi visionari di uno sciamano.

 

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Saturno, il Sole Nero dei primordi

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Gobekli Tepe sciamani e i loro simboli cosmici – Prima parte

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LA VIA POLARE DEI CIGNI. I DESTRIERI DI APOLLO TRA PREISTORIA E ROMA AUGUSTEA (3° PARTE)

Intervista al Dottor Carlo Forin sull’archeologia del linguaggio