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ARCIERE CON ASTA A PENNA DIREZIONALE

129) ARCIERE CON ASTA A PENNA DIREZIONALE
Nome: arciere con asta a penna direzionale
Dimensioni: altezza 28,3 cm
Aspetto e vestiario: L’arciere è raffigurato ritto in piedi, con busto e arco visti di profilo mentre la testa è girata di tre quarti e chinata in avanti, come per voler seguire il lancio della freccia.
Il guerriero impugna l’arco pesante tenendolo con la mano sinistra, mentre con la mano destra regge la freccia e sta per tendere la corda. Il polso destro è protetto da un brassard in cuoio.
L’arciere porta sul capo un elmetto a due corte creste e corna brevi rivolte in avanti e indossa una doppia tunica senza frange. La tunica superiore è aperta sul fianco sinistro ed è trattenuta da un fermaglio. Sopra la tunica, sul petto, è visibile una pezza di stoffa (una sciarpa?) che scende obliquamente da destra verso sinistra e termina in un orlo frangiato (si vedano le striature orizzontali).
Gli altri elementi di protezione che completano il corredo da combattimento del guerriero sono:
– doppia goliera
– gambiere, già viste in molti bronzetti, ma qui sono più lunghe e con guarnizione a frangia nella parte superiore del polpaccio (si vedano brevi incisioni verticali parallele)
– placca rettangolare di protezione portata sul petto
– pugnaletto ad elsa gammata (piastra e pugnaletto coprono in parte la pezza di stoffa frangiata)
Il bagaglio delle armi in dotazione al guerriero è portato sul dorso e appare complesso e pesante:
– vasetto o astuccio conico (per contenere le punte di freccia o il grasso per l’arco)
– faretra (o turcasso – come preferisce chiamarlo Lilliu), custodia per le frecce dell’arco
– spada rinfoderata, con elsa a sbarretta trasversale e pomo bilobato, con estremità inferiore inserita in un anello orizzontale “fuso” con la punta stondata della faretra
– asta o lungo bastone cilindrico affinato verso l’alto e terminante con tre anellini che lo fissano ad una grande penna triangolare, tutta striata
Luogo di ritrovamento: Teti (NU), località Abini
Residenza attuale: Museo Archeologico di Cagliari
Segni particolari: rotta la parte superiore dell’arco pesante e quasi l’intera corda; spuntata la penna dell’asta
Curiosità: Lilliu parla di “turcasso” anziché di faretra.
Etimologia: TURCASSO dal persiano “tīrkash”, composta da tīr = freccia e kashīdan = tirare
Ma la vera particolarità di questo bronzetto è la cosiddetta “asta direzionale”.
Il significato di questo oggetto non è ancora chiaro, questa la possibile ipotesi riportata da Lilliu:
Asta con in sommità “una grande penna triangolare, tutta striata, di lamina metallica o di sottile cuoio o anche di piume stesse, che serviva a imprimere e mantenere la giusta direzione dell’arma nel tragitto, prima di colpire l’oggetto”.
Per Lilliu quindi l’asta era un’arma e la penna serviva per dirigere il lancio.
Altre ipotesi che appaiono convincenti sono le seguenti: asta che serviva ad indicare la posizione esatta dell’arciere al resto dell’esercito oppure serviva per inviare segnalazioni agli altri schieramenti; oppure poteva trattarsi di una “bandierina” che indicava la direzione del vento: dettaglio fondamentale nei lanci lunghi.
Fotografia del bronzetto di G. Exana
Immagini ricostruzioni archeo-sperimentali di Andrea Loddo (gli Ultimi Nuragici)
Descrizione e immagini tratte da G.Lilliu, “Sculture della Sardegna nuragica”, 1966, ed. ILISSO

Comune:
Prov:
Autore:
Spillone

141) SPILLONE CON CAPOCCHIA AD AVVOLGIMENTO SPIRALIFORME
Nome: spillone con capocchia ad avvolgimento spiraliforme
categoria: da verificare
Dimensioni: lunghezza 22 cm.
Aspetto: la verga ha sezione quadrangolare e si allarga verso la parte inferiore per poi restringersi verso la punta. La capocchia massiccia termina con un pomello emisferico, con una scozia sottostante, guarnita da tre rilievi ad anello, che la separa dal toro; sotto la decorazione a toro, la verga è rivestita da un avvolgimento a spirale di filo di bronzo che si allarga verso la base.
Luogo di ritrovamento: Teti (NU), localitá Abini
Residenza attuale: Museo Archeologico di Cagliari
Curiositá:
Numerosi ritrovamenti di spilloni nuragici sono avvenuti sia in contesti cultuali quali il santuario di Abini-Teti, sia all’interno o in prossimità di nuraghi e pozzi sacri. Ad esempio all’interno della fonte sacra rinvenuta nella torre laterale del nuraghe Nurdole è stato recuperato un buon numero di spilloni votivi nuragici infissi nelle intercapedini del parlamento murario.
Alcuni esemplari di spilloni hanno la testa mobile, altri decorata con piccole facce stilizzate.
Ma cosa erano esattamente?
In molti casi gli studiosi li hanno interpretati come grandi fermagli per tenere chiusi i pesanti mantelli (rappresentati in molti bronzetti).
Riportiamo l’interessante ipotesi dell’archeologo Augusto Mulas (riportata nel libro “l’Isola sacra” – ed. Condaghes): alla luce del sistematico rinvenimento di spilloni in contesti rituali e ritenendoli troppo grandi e ingombranti per essere fermagli, e avendo constatato che ancora nella prima metà del 1900 in alcune zone della Sardegna (in particolare a Siniscola) venivano prodotti oggetti molto simili (in metallo, osso o legno) chiamati “su pireddu” (tradotto con “perno” oppure “ugola”) utilizzati per uccidere i maiali mediante infissione nel collo in prossimità dell’ugola… egli ipotizza che gli spilloni nuragici potessero servire per il sacrificio rituale degli animali che venivano offerti alle divinità.
Gli spilloni nuragici difficilmente possono essere considerati semplici fermagli per mantelli, anche perché in alcuni esemplari di faretrine nuragiche (da noi già schedate ? ricordate?) sono raffigurate riproduzioni di spilloni nuragici oltre che pugnali ad elsa gammata, segni di distinzione con, forse, anche un valore cultuale per chi li indossava.
Fotografie di G. Exana e RS Roberto
Descrizione e immagine tratta da G.Lilliu, “Sculture della Sardegna nuragica”, 1966, ed. ILISSO

Comune:
Prov:
Autore:
Codice Geo: NUR5671
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DONNA OFFERENTE

144) DONNA OFFERENTE
Nome: donna offerente
Professione: sconosciuta
Dimensioni: altezza 18,5 cm
Aspetto e vestiario: la donna raffigurata in piedi e frontalmente, con la mano destra alzata porge il consueto saluto devozionale, con la mano sinistra regge l’offerta votiva: una ciotola emisferica contenente quattro oggetti con forma sferica, forse focacce o frutti.
La figura femminile indossa:
– un velo sul capo che, scendendo sulle spalle, lascia scoperti sulla fronte i capelli, distinti da una scriminatura mediana
– una tunica attillata e senza maniche, sobria ed elegante, che si avvolge intorno al corpo con un lembo aperto sul fianco sinistro e fermato sulla spalla forse tramite una fibula;
– una cintura sui fianchi segnata con tratteggio verticale
– una sottoveste con l’orlo a pieghe verticali lunga sino ai piedi nudi
– un mantello rigido sulle spalle che riquadra la figura come un fondale e cade dalle spalle fino all’altezza della balza della sottoveste; sul manto notiamo un lembo verticale che accentua la struttura filiforme del corpo e un “manipolo pieghettato a fini rigature che trattiene presso il gomito sinistro il mantello” dice Lilliu ” simile a quello delle frange, a striature sottili, applicate sul dorso del mantello portato dal Capotribù di Uta”.
Il capo ha forma cilindrica, squadrata e allungata; si nota lo schema a T delle sopracciglia scolpite con intaccature oblique e del naso, gli occhi oblunghi scavati all’intorno, la bocca “ottenuta con taglio curvo da cui sporge il labbro inferiore”.
Il collo appare tozzo, grosso e sproporzionato rispetto al corpo esile, forse per sottolineare la forza MATRIARCALE e la solennità del personaggio.
Luogo di ritrovamento: Sardegna, località sconosciuta
Residenza attuale: Museo delle Antichità di Torino
Segni particolari: Il bronzetto poggia ancora sul sostegno a tre piedi che di solito veniva incastrato, tramite piombatura, sulla tavola delle offerte. Andrea Loddo però, che si occupa di archeologia sperimentale, ha notato che i tre canali di colaggio della figurina sono privi di piombo, quindi questo prova che il bronzetto non è stato mai posizionato su altare litico, con grappa di piombo e fissato eternamente sugli altari o sulle pietre menir, come al santuario di Serri.
Curiosità:
Lilliu nota una fortissima somiglianza tra questo bronzetto femminile e altri bronzetti maschili:
1) ai Capotribù, in particolare quello di Abini-Teti, per la forma squadrata della testa e il taglio marcato delle sopracciglia, la forma del manto
2) al guerriero con scudo trovato ad Aidomaggiore, loc. Tuvàmini per il taglio del volto: schema a T, fattezze della bocca, occhi oblunghi
Per Lilliu questa figura femminile potrebbe essere “l’altra metà” dei Capitribù: se questi infatti erano Re, Notabili, (Sacerdoti?)… le belle e solenni immagini di donne con manto in posa ieratica potrebbero essere le loro mogli, ovvero signore di notabili
…..oppure Sacerdotesse, perchè no? ?
NOTA:
Questo bronzetto, insieme ad altri 6 è esposto a Torino.
“Nel 1840 Alberto della Marmora fece scoprire al Piemonte la preistoria sarda con un libro (Voyage en Sardaigne) e una serie di oggetti per le collezioni reali: soprattutto le armi e le figurine votive in bronzo diventano da allora elementi ricercati per raccolte museali”
(dal pannello esplicativo del museo delle Antichità – Torino)
Fotografie di B. Auguadro
Descrizione tratta da G.Lilliu, “Sculture della Sardegna nuragica”, 1966, ed. ILISSO

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Prov:
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