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Domus de Janas Maria Frunza

Il sito archeologico, risalente al neolitico finale, è composto da 5 domus de janas posizionate ad altezze differenti lungo il pendio montano ed è agilmente raggiungibile percorrendo un sentiero poco distante dalla strada provinciale Nuoro-Siniscola; la prima domus si apre direttamente sul sentiero mentre le altre si trovano tra la vegetazione al di sopra di questa.

Tomba I : la prima tomba ha un portello d’ingresso di forma rettangolare ornato da una cornice dal quale si accede all’anticella sub-rettangolare dove si apre a circa 60-70 cm dal pavimento l’ingresso della cella sepolcrale.

Tomba II : qualche metro più in alto troviamo la seconda tomba, la più grande e complessa del sito. Essa è costituita da un ampio portello d’accesso rettangolare, rifinito con una risega e un secondo accesso sulla sinistra di forma irregolare, dai quali si accede all’interno dell’ampia anticella, caratterizzata dalla presenza di una bellissima colonna di roccia. Qui troviamo altre 2 celle sepolcrali: la prima, di modeste dimensioni e con un portello rifinito da una cornice, si apre nella parete di destra a circa 1 metro dal pavimento, mentre la seconda si trova nell’angolo in basso a destra con la parete parzialmente crollata.

Tomba III e IV : salendo ancora troviamo altre 2 sepolture, la prima in basso a destra, probabilmente incompleta, presenta un portello con una ampia risega e una piccolissima cella. La seconda, invece, si trova sulla sinistra, in alto, con il portello d’accesso rifinito da una risega e composta da anticella e cella sepolcrale.

Tomba V : infine pochi metri più in alto troviamo l’ultima domus, costituita dall’anticella con parte della parete d’accesso e della copertura crollate, dalla quale si accede a 2 celle di piccole dimensioni a circa 1 metro da terra. All’esterno in alto è possibile notare segni di pittura rossa, simbolo della rinascita.

Comune:
Prov:
Autore: Peppino Carrone
Codice Geo: NUR7231
> Scheda Geoportale
Domus de Janas Maria Frunza

Il sito archeologico, risalente al neolitico finale, è composto da 5 domus de janas posizionate ad altezze differenti lungo il pendio montano ed è agilmente raggiungibile percorrendo un sentiero poco distante dalla strada provinciale Nuoro-Siniscola; la prima domus si apre direttamente sul sentiero mentre le altre si trovano tra la vegetazione al di sopra di questa.

Tomba I : la prima tomba ha un portello d’ingresso di forma rettangolare ornato da una cornice dal quale si accede all’anticella sub-rettangolare dove si apre a circa 60-70 cm dal pavimento l’ingresso della cella sepolcrale.

Tomba II : qualche metro più in alto troviamo la seconda tomba, la più grande e complessa del sito. Essa è costituita da un ampio portello d’accesso rettangolare, rifinito con una risega e un secondo accesso sulla sinistra di forma irregolare, dai quali si accede all’interno dell’ampia anticella, caratterizzata dalla presenza di una bellissima colonna di roccia. Qui troviamo altre 2 celle sepolcrali: la prima, di modeste dimensioni e con un portello rifinito da una cornice, si apre nella parete di destra a circa 1 metro dal pavimento, mentre la seconda si trova nell’angolo in basso a destra con la parete parzialmente crollata.

Tomba III e IV : salendo ancora troviamo altre 2 sepolture, la prima in basso a destra, probabilmente incompleta, presenta un portello con una ampia risega e una piccolissima cella. La seconda, invece, si trova sulla sinistra, in alto, con il portello d’accesso rifinito da una risega e composta da anticella e cella sepolcrale.

Tomba V : infine pochi metri più in alto troviamo l’ultima domus, costituita dall’anticella con parte della parete d’accesso e della copertura crollate, dalla quale si accede a 2 celle di piccole dimensioni a circa 1 metro da terra. All’esterno in alto è possibile notare segni di pittura rossa, simbolo della rinascita.

Domus de Janas Maria Frunza

Il sito archeologico, risalente al neolitico finale, è composto da 5 domus de janas posizionate ad altezze differenti lungo il pendio montano ed è agilmente raggiungibile percorrendo un sentiero poco distante dalla strada provinciale Nuoro-Siniscola; la prima domus si apre direttamente sul sentiero mentre le altre si trovano tra la vegetazione al di sopra di questa.

Tomba I : la prima tomba ha un portello d’ingresso di forma rettangolare ornato da una cornice dal quale si accede all’anticella sub-rettangolare dove si apre a circa 60-70 cm dal pavimento l’ingresso della cella sepolcrale.

Tomba II : qualche metro più in alto troviamo la seconda tomba, la più grande e complessa del sito. Essa è costituita da un ampio portello d’accesso rettangolare, rifinito con una risega e un secondo accesso sulla sinistra di forma irregolare, dai quali si accede all’interno dell’ampia anticella, caratterizzata dalla presenza di una bellissima colonna di roccia. Qui troviamo altre 2 celle sepolcrali: la prima, di modeste dimensioni e con un portello rifinito da una cornice, si apre nella parete di destra a circa 1 metro dal pavimento, mentre la seconda si trova nell’angolo in basso a destra con la parete parzialmente crollata.

Tomba III e IV : salendo ancora troviamo altre 2 sepolture, la prima in basso a destra, probabilmente incompleta, presenta un portello con una ampia risega e una piccolissima cella. La seconda, invece, si trova sulla sinistra, in alto, con il portello d’accesso rifinito da una risega e composta da anticella e cella sepolcrale.

Tomba V : infine pochi metri più in alto troviamo l’ultima domus, costituita dall’anticella con parte della parete d’accesso e della copertura crollate, dalla quale si accede a 2 celle di piccole dimensioni a circa 1 metro da terra. All’esterno in alto è possibile notare segni di pittura rossa, simbolo della rinascita.

Spillone

141) SPILLONE CON CAPOCCHIA AD AVVOLGIMENTO SPIRALIFORME
Nome: spillone con capocchia ad avvolgimento spiraliforme
categoria: da verificare
Dimensioni: lunghezza 22 cm.
Aspetto: la verga ha sezione quadrangolare e si allarga verso la parte inferiore per poi restringersi verso la punta. La capocchia massiccia termina con un pomello emisferico, con una scozia sottostante, guarnita da tre rilievi ad anello, che la separa dal toro; sotto la decorazione a toro, la verga è rivestita da un avvolgimento a spirale di filo di bronzo che si allarga verso la base.
Luogo di ritrovamento: Teti (NU), localitá Abini
Residenza attuale: Museo Archeologico di Cagliari
Curiositá:
Numerosi ritrovamenti di spilloni nuragici sono avvenuti sia in contesti cultuali quali il santuario di Abini-Teti, sia all’interno o in prossimità di nuraghi e pozzi sacri. Ad esempio all’interno della fonte sacra rinvenuta nella torre laterale del nuraghe Nurdole è stato recuperato un buon numero di spilloni votivi nuragici infissi nelle intercapedini del parlamento murario.
Alcuni esemplari di spilloni hanno la testa mobile, altri decorata con piccole facce stilizzate.
Ma cosa erano esattamente?
In molti casi gli studiosi li hanno interpretati come grandi fermagli per tenere chiusi i pesanti mantelli (rappresentati in molti bronzetti).
Riportiamo l’interessante ipotesi dell’archeologo Augusto Mulas (riportata nel libro “l’Isola sacra” – ed. Condaghes): alla luce del sistematico rinvenimento di spilloni in contesti rituali e ritenendoli troppo grandi e ingombranti per essere fermagli, e avendo constatato che ancora nella prima metà del 1900 in alcune zone della Sardegna (in particolare a Siniscola) venivano prodotti oggetti molto simili (in metallo, osso o legno) chiamati “su pireddu” (tradotto con “perno” oppure “ugola”) utilizzati per uccidere i maiali mediante infissione nel collo in prossimità dell’ugola… egli ipotizza che gli spilloni nuragici potessero servire per il sacrificio rituale degli animali che venivano offerti alle divinità.
Gli spilloni nuragici difficilmente possono essere considerati semplici fermagli per mantelli, anche perché in alcuni esemplari di faretrine nuragiche (da noi già schedate ? ricordate?) sono raffigurate riproduzioni di spilloni nuragici oltre che pugnali ad elsa gammata, segni di distinzione con, forse, anche un valore cultuale per chi li indossava.
Fotografie di G. Exana e RS Roberto
Descrizione e immagine tratta da G.Lilliu, “Sculture della Sardegna nuragica”, 1966, ed. ILISSO

Comune:
Prov:
Autore:
Codice Geo: NUR5671
> Scheda Geoportale
Madre con bambino

146) MADRE CON BAMBINO
Nome: madre con bambino
Dimensioni: altezza 13,1 cm
Luogo di provenienza: probabilmente Lodé (Siniscola)
Residenza Attuale: Ginevra -Svizzera (CH), collezione ORTIZ
Aspetto e vestiario: la madre offerente è raffigurata stante. Con il braccio sinistro piegato, sorregge il bambino nella cavità del gomito e con la mano aperta offre una ciotola alla divinità. Con il braccio e la mano destra, estesi in avanti, porge il saluto devozionale.
Il bambino è seduto nell’incavo del braccio e si regge con il braccio destro appoggiandosi al collo e alla spalla della madre; la mano sinistra scende sulle ginocchia.
La donna indossa
– una doppia tunica: una lunga veste leggera forse di lino e sopra una tunica più corta, avvolta attorno al corpo. La sottoveste lascia intravedere le pieghe rappresentate da linee verticali (molto simile alla lunghe gonne con pieghe volute in senso orario, Su frangiu, ancora oggi in uso nei costumi tradizionali).
– un mantello molto spesso indossato sulle spalle, lungo quasi fino ai piedi nudi.
Segni particolari: patina grigio-verde, varie incrostazioni. Tracce sotto i piedi della colata plumbea che fissava la statuetta sul blocco di calcare
Curiosità:
Jürgen Thimme [Kunst und Kultur Sardiniens, no. 139, pp. 117, 392.] confronta questa figurina con altre tre raffigurazioni di madre e figlio che chiedono l’aiuto alla divinità, ma generalizza concludendo che il gesto e la ciotola sacrificale del presente esempio lo inducono a ritenere che tutte queste rappresentazioni dell’arte nuragica rappresentino una madre con un figlio MALATO.
Effettivamente “due di queste rappresentazioni di madri con bambini furono ritrovate al santuario di Santa Vittoria a Serri, sito probabilmente visitato dai malati in cerca di guarigione, come anche attestato da una statuetta trovata in loco di offerente con stampella.
Ci sono però notevoli differenze tra i quattro bronzetti (di madri con figlio).
Nel caso dei due di Santa Vittoria, il bambino appare malato, la testa si appoggia sul braccio della madre, mentre lo avvolge come in una culla, con la mano che termina sulla coscia del bambino. Tuttavia il terzo esempio (“la Madre dell’Ucciso” di Urzulei ) – che raffigura una madre seduta su uno sgabello con il figlio in braccio – è diverso. Il figlio non è un bambino, è già un giovane e indossa un berretto utilizzato di solito dai capotribù e sul petto mostra il pugnale ad elsa gammata, chiare indicazioni del suo rango: secondo Lilliu forse si trattava di un giovane aristocratico. Potrebbe quindi rappresentare il figlio morto, dal momento che il gruppo è stato trovato in una grotta sacra associata al culto alle divinità ctonie e può rappresentare un voto alla Dea Madre, un’intercessione a favore della vita (del giovane) dopo la morte. L’avambraccio destro della madre è rotto e mancante, ma era sicuramente proteso in avanti in una posizione simile a quella della nostra statuetta, in un gesto di offerta.
È da notare che questo quarto bronzetto è unico e ci ricorda le Vergini romaniche con Bambino della regione Auvergne della Francia, anche se queste ultime sono di solito sedute e il braccio destro del Bambino viene sollevato piuttosto che posto sopra la spalla della madre . Quello che è simile è l’aspetto sano del bambino, la testa alta.
Quindi preferiamo l’ipotesi che questa statuetta sia una rappresentazione di una madre che chiede una grazia/porge un’offerta, ma è incerto se il gesto sia fatto per ringraziare per la guarigione del figlio malato o se sia una richiesta per il suo futuro o per qualche altro scopo, come il ritorno sicuro del marito da una spedizione guerriera”.
Testo virgolettato e fotografia dal web – fonte catalogo “Kunst und Kultur Sardiniens”, 1980
NOTA:
La statuetta, insieme ad altri innumerevoli bronzetti nuragici di inestimabile valore storico e culturale, si trova a Ginevra nella famosa collezione di George Ortiz Patiño… Questo signore oggi deceduto, noto come “Il Re dello stagno”, ricchissimo proprietario di miniere di stagno in Bolivia, era in possesso della più grande collezione di bronzetti nuragici al mondo!
Cosa ne sarà ora della sua immensa collezione non lo sappiamo…ci auguriamo che gli eredi la preservino e decidano in futuro di custodirla ed esporla in un museo aperto al pubblico! 🙂
…e mentre noi schediamo, Andrea Loddo sta abilmente lavorando per riportare in vita questo stupendo bronzetto (in fotografia, suo modellino in cera persa) 😉
Ringraziamo Roberto Lai per le preziose informazioni riportate in nota.

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