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Nuraghe Baracca su Entu

Realizzato su una dolce collina granitica ad un altitudine di mt 171 s.l.m. questo sito ha un ottima visuale sia sul mare che sulla valle, comprendendo la foce del “Rio Picocca”, le lagune di “Feraxi” e “Colostrai” ed arrivando al promontorio di “Porto Corallo”. Numerosi i nuraghi in contatto visivo ma il più importante (a cui sicuramente era collegato) è l’importantissimo insediamento di “Don Giovanni Mattacciolu” a poce centinaia di metri a valle.
La pianta della struttura, seppure molto danneggiata dai crolli e coperta da una fitta vegetazione, è palesemente complessa: oltre la torre centrale, di cui resta visibile una buona porzione, si intuisce la presenza di almeno altri due ambienti addossati alla struttura centrale ( una a nord ed una a sud) e un opera muraria attribuibile, probabilmente ad un rifascio o ad un piccolo bastione. Non è identificabile l’ingresso.

Nuraghe Baracca su Entu

Realizzato su una dolce collina granitica ad un altitudine di mt 171 s.l.m. questo sito ha un ottima visuale sia sul mare che sulla valle, comprendendo la foce del “Rio Picocca”, le lagune di “Feraxi” e “Colostrai” ed arrivando al promontorio di “Porto Corallo”. Numerosi i nuraghi in contatto visivo ma il più importante (a cui sicuramente era collegato) è l’importantissimo insediamento di “Don Giovanni Mattacciolu” a poce centinaia di metri a valle.
La pianta della struttura, seppure molto danneggiata dai crolli e coperta da una fitta vegetazione, è palesemente complessa: oltre la torre centrale, di cui resta visibile una buona porzione, si intuisce la presenza di almeno altri due ambienti addossati alla struttura centrale ( una a nord ed una a sud) e un opera muraria attribuibile, probabilmente ad un rifascio o ad un piccolo bastione. Non è identificabile l’ingresso.

Nuraghe Baracca su Entu

Realizzato su una dolce collina granitica ad un altitudine di mt 171 s.l.m. questo sito ha un ottima visuale sia sul mare che sulla valle, comprendendo la foce del “Rio Picocca”, le lagune di “Feraxi” e “Colostrai” ed arrivando al promontorio di “Porto Corallo”. Numerosi i nuraghi in contatto visivo ma il più importante (a cui sicuramente era collegato) è l’importantissimo insediamento di “Don Giovanni Mattacciolu” a poce centinaia di metri a valle.
La pianta della struttura, seppure molto danneggiata dai crolli e coperta da una fitta vegetazione, è palesemente complessa: oltre la torre centrale, di cui resta visibile una buona porzione, si intuisce la presenza di almeno altri due ambienti addossati alla struttura centrale ( una a nord ed una a sud) e un opera muraria attribuibile, probabilmente ad un rifascio o ad un piccolo bastione. Non è identificabile l’ingresso.

Nuraghe Baracca su Entu

Realizzato su una dolce collina granitica ad un altitudine di mt 171 s.l.m. questo sito ha un ottima visuale sia sul mare che sulla valle, comprendendo la foce del “Rio Picocca”, le lagune di “Feraxi” e “Colostrai” ed arrivando al promontorio di “Porto Corallo”. Numerosi i nuraghi in contatto visivo ma il più importante (a cui sicuramente era collegato) è l’importantissimo insediamento di “Don Giovanni Mattacciolu” a poce centinaia di metri a valle.
La pianta della struttura, seppure molto danneggiata dai crolli e coperta da una fitta vegetazione, è palesemente complessa: oltre la torre centrale, di cui resta visibile una buona porzione, si intuisce la presenza di almeno altri due ambienti addossati alla struttura centrale ( una a nord ed una a sud) e un opera muraria attribuibile, probabilmente ad un rifascio o ad un piccolo bastione. Non è identificabile l’ingresso.

Nuraghe Baracca su Entu

Realizzato su una dolce collina granitica ad un altitudine di mt 171 s.l.m. questo sito ha un ottima visuale sia sul mare che sulla valle, comprendendo la foce del “Rio Picocca”, le lagune di “Feraxi” e “Colostrai” ed arrivando al promontorio di “Porto Corallo”. Numerosi i nuraghi in contatto visivo ma il più importante (a cui sicuramente era collegato) è l’importantissimo insediamento di “Don Giovanni Mattacciolu” a poce centinaia di metri a valle.
La pianta della struttura, seppure molto danneggiata dai crolli e coperta da una fitta vegetazione, è palesemente complessa: oltre la torre centrale, di cui resta visibile una buona porzione, si intuisce la presenza di almeno altri due ambienti addossati alla struttura centrale ( una a nord ed una a sud) e un opera muraria attribuibile, probabilmente ad un rifascio o ad un piccolo bastione. Non è identificabile l’ingresso.

Riparo sotto roccia Su Niu ‘e su Crobu

Tafone/luttoni – riparo sotto roccia probabilmente utilizzato in epoca preistorica e protostorica, come riparo/dimora da famiglie umane. Non vi è certezza sulla sua identificazione per mancanza di studi approfonditi e pertanto sono scarse le informazioni. Unici indizi che portano a identificarlo come tale sono altri ripari sotto roccia nelle vicinanze (tre per esattezza) e una tomba dei giganti a poca distanza.

Riparo sotto roccia Su Niu ‘e su Crobu

Tafone/luttoni – riparo sotto roccia probabilmente utilizzato in epoca preistorica e protostorica, come riparo/dimora da famiglie umane. Non vi è certezza sulla sua identificazione per mancanza di studi approfonditi e pertanto sono scarse le informazioni. Unici indizi che portano a identificarlo come tale sono altri ripari sotto roccia nelle vicinanze (tre per esattezza) e una tomba dei giganti a poca distanza.

Il Grande Verde

di Giorgio Valdès
Pubblico in allegato una delle numerose, antiche cartine storiche della Sardegna che vennero stampate tra il XVI e il XVIII secolo. La mia banale considerazione è la seguente: se ancora pochi secoli fa non si aveva contezza della forma planimetrica della Sardegna, come è possibile che i Greci prima e i romani in seguito avessero ritenuto che Ichnusa/Ichnussa, una delle dizioni con cui veniva denominata la nostra isola, significasse “orma di piede”?
Ci viene allora incontro il glottologo Salvatore Dedola, osservando come “Ιχνοũσα, ̉Ιχνοũσσα è una perfetta paretimologia, ed ha la base antichissima nell’akk. iqnû‘lapislazzuli, turchese’, ‘smalto blu’ + -sû ‘the X-man’, in composto iqnû-sû > Iqnusa, che significa ‘l’uomo del Grande Verde’ e parimenti ‘quella (l’isola) del Grande Verde’”.
Con quest’ultima terminologia, come asserito anche da Giovanni Ugas, si indicava il Mediterraneo Occidentale. Terminologia presente anche nella tradizione egizia, che citava il “Wd-Wr/Grande Verde” come il mare a sua volta compreso nel “Sin/Wr”, il grande cerchio d’acqua, il fiume oceano che si riteneva circondare il mondo allora conosciuto.
All’interno del “Grande Verde”, come scriveva il grande egittologo francese Jean Vercoutter ( 1911 –2000) citando i Testi delle Piramidi e i Testi dei Sarcofagi, “galleggiavano” le isole degli Haou-Nebout. Isole ubicate a nord ovest dell’Egitto, dove si pensava fosse collocato l’Ade. Va peraltro osservato come il rito funerario egizio esordisse con la formula: “a occidente”, e comprendesse un attraversamento delle acque per raggiungere il “Sacro Amenti”, luogo paradisiaco posto nella terra insulare ritenuta regno di Osiride, signore eterno dei “Sekhet Hanw//Yarw” (dove sekhet sigifica “campi” e hanw/yaru “canne, giunchi o erba in genere). L’Ade, come noto, era il regno dei morti, assimilabile appunto ai “Campi di Hanw” o all’”Elysium” (Campi Elisi ) (cfr. link seguente).

Il Paradiso in premio agli amici di Nurnet


A questo proposito Salvatore Dedola scrive che i Fenici, ma anche gli Ebrei, chiamarono la nostra isola “Kadoššène, (Kadoš-Šēne = ebraico-fenicio ‘Madre Santa’). Precisamente kadoš ebr., qdš fenicio = ‘santo, sacro’; šn’ fenicio ‘maestro’ ma anche un certo tipo di ufficio (sacro). Nel fenicio šn’ sembrerebbe di poter cogliere quella che per gli Ebrei fu la ‘Terra Santa, la Terra Promessa’ ”.
Per quanto infine si riferisce al termine Haou-Nebout, con questa dizione venivano indicate non solo le isole del “Grande Verde”, ma anche i suoi abitanti, che per gli egizi ricoprivano un ruolo fondamentale tra i popoli con cui la terra dei faraoni aveva avuto a che fare, nel bene e nel male. Termine quindi non solo geografico ma etnico, che indicava altresì “i Popoli del Mare che invaderanno l’Egitto al tempo di Mereptah e Ramesse III (1200-1100 a.C. ca)” (Berni e Chiappelli “Haou-Nebout, i Popoli del Mare”).
Tutte considerazioni che costituiscono interessanti indizi a favore della tesi, assolutamente ragionevole, che tra le isole nel Grande Verde svolgesse un ruolo fondamentale proprio la Sardegna, e che da essa provenissero quelle marinerie Shardana, che facendo parte degli Haou-Nebout assunsero, in testa ai Popoli del Mare, un ruolo egemone nel Mediterraneo occidentale, esercitando “una leadership militare di lungo periodo, dal 1500 al 1200 e oltre avanti Cristo” (intervista di Giancarlo Ghirra a Giovanni Ugas- Unione Sarda 27 ottobre 2007).
E sempre a questo proposito, Salvatore Dedola rappresenta come certezza il fatto che “ i celebri Shardana, gli invasori del Delta, uno dei Popoli del Grande Verde, non potevano che avere la propria base in Sardegna, a dispetto degli stuoli di archeologi che ancora lo negano a vantaggio della Sardi anatolica”.

Comune:
Prov:
Autore:
Villaggio nuragico Soroeni

Questo villaggio e molto particolare perché frequentato dal Neolitico fino all’età del Ferro (sardegnaturismo.it)
Esistono due Domus de Janas, una delle quali appare come in costruzione, forse non terminata. Nelle vicinanze furono rinvenute tracce di ossidiana e punte di frecce.
E’ possibile che in epoca nuragica venissero abitate anche le cavità naturali, ripari sotto roccia.
Il nuraghe può essere definito un monotorre pur essendo circondato da un poderoso antemurale. La sua costruzione fu effettuata sfruttando anche gli incastri dell’ammasso roccioso su cui poggia.
Il villaggio vero e proprio si trova dall’altra parte della montagna dove, infatti, e situato il nuraghe, in gran parte distrutto.
Il villaggio appare anch’esso in gran parte diroccato. Residua tuttavia, in buona evidenza, il forno dove si producevano gli utensili di terracotta o, perché no, si cucinava.
Leggermente più a valle esiste una particolare capanna con coppelle su roccia. Probabilmente in essa venivano svolti dei riti sacri e al suo interno fu rinvenuta una pintadera e del vasellame di provenienza egea.
Dell’eta romana e stato trovato un tesoretto di 700 monete.

Villaggio nuragico Soroeni

Questo villaggio e molto particolare perché frequentato dal Neolitico fino all’età del Ferro (sardegnaturismo.it)
Esistono due Domus de Janas, una delle quali appare come in costruzione, forse non terminata. Nelle vicinanze furono rinvenute tracce di ossidiana e punte di frecce.
E’ possibile che in epoca nuragica venissero abitate anche le cavità naturali, ripari sotto roccia.
Il nuraghe può essere definito un monotorre pur essendo circondato da un poderoso antemurale. La sua costruzione fu effettuata sfruttando anche gli incastri dell’ammasso roccioso su cui poggia.
Il villaggio vero e proprio si trova dall’altra parte della montagna dove, infatti, e situato il nuraghe, in gran parte distrutto.
Il villaggio appare anch’esso in gran parte diroccato. Residua tuttavia, in buona evidenza, il forno dove si producevano gli utensili di terracotta o, perché no, si cucinava.
Leggermente più a valle esiste una particolare capanna con coppelle su roccia. Probabilmente in essa venivano svolti dei riti sacri e al suo interno fu rinvenuta una pintadera e del vasellame di provenienza egea.
Dell’eta romana e stato trovato un tesoretto di 700 monete.

Villaggio nuragico Soroeni

Questo villaggio e molto particolare perché frequentato dal Neolitico fino all’età del Ferro (sardegnaturismo.it)
Esistono due Domus de Janas, una delle quali appare come in costruzione, forse non terminata. Nelle vicinanze furono rinvenute tracce di ossidiana e punte di frecce.
E’ possibile che in epoca nuragica venissero abitate anche le cavità naturali, ripari sotto roccia.
Il nuraghe può essere definito un monotorre pur essendo circondato da un poderoso antemurale. La sua costruzione fu effettuata sfruttando anche gli incastri dell’ammasso roccioso su cui poggia.
Il villaggio vero e proprio si trova dall’altra parte della montagna dove, infatti, e situato il nuraghe, in gran parte distrutto.
Il villaggio appare anch’esso in gran parte diroccato. Residua tuttavia, in buona evidenza, il forno dove si producevano gli utensili di terracotta o, perché no, si cucinava.
Leggermente più a valle esiste una particolare capanna con coppelle su roccia. Probabilmente in essa venivano svolti dei riti sacri e al suo interno fu rinvenuta una pintadera e del vasellame di provenienza egea.
Dell’eta romana e stato trovato un tesoretto di 700 monete.